giovedì 14 maggio 2015

Spazio Ospiti


Cari membri di questa comunità, posto questo articolo, per consentire agli ospiti che vorranno onorarci con la Loro visita, di identificare, uno spazio per riunire i loro interventi sugli OGM. Riassumo i punti a cui è approdata, con il contributo di tutti, fino ad ora, la discussione sugli OGM.

a) Le controversie sull'uso degli OGM riguardano soprattutto le applicazioni agroalimentari: nel settore farmaceutico e industriale gli OGM sono infatti ampiamente accettati. Il motivo è che i vantaggi del loro impiego risultano poco evidenti ai consumatori mentre i rischi sono quotidianamente enfatizzati, con più o meno rigore scientifico, sulla stampa a larga diffusione. Il relativo dibattito è inoltre guidato da motivazioni di carattere commerciale e politico, più che scientifico. Le modifiche genetiche possono consistere nell'inserzione di nuovi geni o nel silenziamento di geni già presenti nel genoma della pianta.

b) Vantaggi finora individuati

- Le piante G.M. sono, come molte colture tradizionali, ibridi estremamente produttivi. La produttività può essere ulteriormente aumentata agendo sui geni che regolano la crescita delle piante. Il passaggio ad un'agricoltura intensiva diventerà sempre più, in futuro, un passaggio obbligato, anche nei paesi poveri, a causa della crescente diminuzione delle superfici arabili dovuta a siccità, salinità, urbanizzazione.
- Piante G.M. per resistere ai parassiti tipici di una coltura (insetti, batteri, funghi, virus) diminuiscono l’impiego di antiparassitari e fitofarmaci (vantaggi per la salute dell'uomo; salvaguardia della biodiversità animale minacciata dall'uso intensivo e indiscriminato degli antiparassitari; semi più costosi ma risparmio sulla spesa dei prodotti chimici; aumento della resa dei raccolti) e richiedono meno interventi sul campo (risparmio economico sulla manodopera).
- Piante G.M. possono presentare interessanti proprietà nutrizionali (dal pomodoro ricco di antocianine, al Golden Rice arricchito di vitamina A che si è rivelato utile per contrastare gravi patologie in paesi poveri).
- Alcune piante sono G.M. per renderle resistenti a stress ambientali, con possibilità di coltivarle in zone considerate inadatte come terre poco fertili o semiaride, in vicinanza di acque salmastre, ecc. 
Alcune piante sono G.M. per diminuirne la tossicità alimentare (es. la patata transgenica Innate che cuocendo produce meno acrilammide o la manioca in cui viene spento il gene che produce acido cianidrico) o il naturale potere allergenico (presente ad es. in fragole, noci, nocciole, etc), oppure per migliorare la qualità panificatoria, la predisposizione a una frittura più rapida e con minore assorbimento di olio, le qualità estetiche.
- Gli OGM potrebbero aiutarci a salvare alcune tipiche produzioni italiane come il pomodoro Sanmarzano o il riso Carnaroli, le cui coltivazioni stanno scomparendo a causa di virus e funghi (sono davvero questi i motivi per cui stanno scomparendo?).
- Gli OGM prima di essere messi in commercio richiedono una serie di opportuni controlli sulla sicurezza alimentare che non vengono effettuati sulle nuove varietà ottenute con tecniche convenzionali. Paradossalmente sono quindi più sicuri di molti cibi ottenuti con queste ultime.

c) Svantaggi finora individuati

- Bioinquinamento, cioè trasferimento del  nuovo gene ad altre piante, tramite impollinazione incrociata (aggirabile con semi apomittici o con il mantenimento di una distanza di sicurezza tra campi OGM e non-OGM).
- Bioinvasione, cioè crescita invasiva della pianta modificata e conseguente scomparsa delle varietà autoctone (mi sembra che l’agricoltura moderna, non-OGM, faccia altrettanto): insomma diminuzione della biodiversità vegetale. Una prima obiezione a questo argomento è che risulta assai inverosimile che l'OGM sia più idoneo a sopravvivere nell'ambiente rispetto al corrispondente organismo "selvatico", non G.M.. Infatti l'OGM non è progettato per resistere alla selezione naturale, ma per produrre qualcosa di utile, ed in genere questo comporta un sovraccarico metabolico che rende l'OGM relativamente fragile rispetto alla sua controparte naturale. Un'altra evidenza che dovrebbe fugare questo timore è un recente studio condotto in sud Africa che, sul breve termine, sembra confermare la sostanziale equivalenza di biodiversità animale e di habitat (quindi anche vegetale) in campi di mais OGM e non OGM (http://ee.oxfordjournals.org/content/43/1/197.abstract). 
- Aumento dell'uso di erbicidi per piante G.M. per essere ad essi resistenti.
- Rischio della diffusione della antibiotico-resistenza anche a batteri patogeni per l’uomo (rischio riconosciuto come REALE dall'EFSA). Per aggirare questo problema, al fine di selezionare le cellule trasformate da quelle non trasformate con il transgene, si usano marcatori colorati o fluorescenti anziché marcatori contenenti geni per la resistenza a un antibiotico.
- Rischio che le piante G.M. per resistere ai parassiti favoriscano la "selezione" di ceppi resistenti, che di conseguenza richiedano l'impiego di nuovi antiparassitari più efficaci.
- Rischio che l'inserto genico porti alla produzione di proteine che potrebbero causare reazioni allergiche e rischio che il transgene, interagendo con gli altri geni, produca alterazioni del metabolismo della pianta.

d) Scenario economico

- Conseguenze della globalizzazione: già oggi, ma sempre più in un futuro prossimo, le nostre produzioni agro-alimentari dovranno confrontarsi e competere non soltanto con quelle caratterizzate da OGM, ma anche con quelle provenienti da Paesi caratterizzati da costi dei fattori di produzione inferiori, o che non hanno limitazioni nell'utilizzazione di determinati prodotti chimici, siano essi concimi e/o antiparassitari o fitoregolatori od ormoni della crescita, da Paesi nei quali il lavoro minorile non è tutelato o è, addirittura, incentivato e/o sfruttato, da Paesi che non hanno la “626” etc.
- In Italia oggi importiamo milioni di tonnellate di derrate alimentari per la zootecnia (mais e soia), provenienti principalmente dal Sud America, che sono per la gran parte OGM. Il made in Italy, di cui ci facciamo vanto all'estero, deriva proprio dall'utilizzo di mangimi OGM e conferma la buona qualità dei prodotti utilizzati. Dunque non solo abbiamo bisogno di OGM, ma sarebbe molto più sensato utilizzare la filiera italiana, e produrre gli OGM qui, evitando così di pagare anche tutti i costi di filiera straniera.
- Controversie sul vantaggio o lo svantaggio economico derivante dall'uso di semi OGM per i piccoli agricoltori nei paesi poveri: l'ambientalista, fisico ed economista indiana, Vandana Shiva, sostiene che gli OGM abbiano rovinato i piccoli agricoltori indiani mentre un rapporto Internazionale lo smentisce (pagina però non trovata su Internet... sigh!). Un articolo sulla rivista PNAS riporta un aumento del loro guadagno del 50% nella coltivazione del cotone BT, resistente ai parassiti; altre fonti riportano di suicidi di piccoli agricoltori dovuti al crollo del prezzo del cotone BT.

e) Scenario legislativo

- In Italia vige un divieto indiscriminato alla coltivazione di frutta e verdura OGM, per il "principio di precauzione"; tuttavia la loro commercializzazione è permessa. Quindi la ragione non è precipuamente quella di tutelare la salute dei consumatori ma di tutelare, "in via precauzionale" l'ambiente.
- In Europa gli OGM sono in calo, una diminuzione dovuta soprattutto alla Germania che ha chiuso le sue coltivazioni OGM. La Spagna coltiva da sola l'80% del mais transgenico dell'U.E. e nel 2009 ha aumentato il suo tasso di adozione OGM del 22%. In Europa è autorizzata la coltivazione a scopo commerciale di un granturco GM per proteggerlo dalla piralide (parassita).
- I più grandi produttori mondiali di OGM sono USA, Brasile, Argentina, Canada, India e Cina.

f) Scenario etico

- Gli OGM sono brevettabili; la brevettabilità non riguarda solo la tecnica per ottenere un dato prodotto transgenico ma implica anche la proprietà di tutti gli individui che possiedono il carattere transgenico.
- Se è vero che il brevetto ricompensa il suo titolare per le spese di ricerca e sviluppo sostenute, è anche vero che “lascia perplessi l’utilizzazione del brevetto in ambito agricolo, soprattutto nel caso in cui riguardi piante o animali di fondamentale importanza per l’alimentazione umana”.
- I semi apomittici sembravano la soluzione che avrebbe affrancato gli agricoltori dall’eccessiva dipendenza dall’industria sementiera; questo scenario si sarebbe potuto dispiegare se fossero stati sviluppati attraverso la ricerca pura e pubblica e non fossero invece stati brevettati dalle multinazionali delle sementi. Di fatto, gli agricoltori che usano o useranno semi apomittici o devono pagare annualmente le royalties alle industrie produttrici o, con l'introduzione della “apomissia inducibile chimicamente”, devono comprare dalle multinazionali la sostanza chimica che induce la germinazione.
- Gli OGM non risolvono i problemi della fame nel mondo perché questa non dipende dalla disponibilità di cibo prodotto sul pianeta (attualmente sufficiente) ma dalla cattiva ed iniqua distribuzione delle ricchezze. Il problema vero è dunque la povertà.

Rilancio una domanda sollevata dal prof. Dario Bressanini nel libro “Contro Natura”, pubblicato insieme alla biotecnologa Beatrice Mautino e recensito su Wired, di cui vi avevo parlato:

1) Perché (nella percezione del consumatore, n.d.r.) trasferire un solo gene con le tecnologie del DNA ricombinante è sempre un atto contro natura (anche quando rimaniamo all'interno della stessa specie) ma non lo è se trasferiamo un intero genoma da una specie all'altra, come quando si crea un grano sintetico (pratica accettata, n.d.r.)?”.

Ed un'altra.

2) Sono legittime o esagerate le preoccupazioni di Rifkin in: Il secolo biotech" quando dice a proposito del serbatoio genetico:

... Non dovrebbe essere ridotto a proprietà politica dei governi o proprietà intellettuale e commerciale delle società. Se riduciamo il serbatoio genetico a una proprietà privata che può essere sfruttata commercialmente avremo guerre genetiche nei prossimi secoli...". Jeremy Rifkin - 23/11/1998 - Repubblica
(http://www.repubblica.it/online/internet/mediamente/rifkin/rifkin.html).

Infine, l'ultima, sempre a proposito dei brevetti sugli OGM in campo agroalimentare:

3) E' vero, la ricerca statale e pubblica costa ed è la politica che decide cosa finanziare. Tuttavia mi chiedo: è pensabile che in questo settore, accada, qualcosa di simile a quanto accade nel mondo dell'informatica, dove per ogni s.w. proprietario, c'è un s.w. free messo a disposizione dalla comunità di generosi sviluppatori? Il denaro necessario per sviluppare queste ricerche è la vera discriminante?

5 commenti:

  1. Ringrazio la prof.ssa Ivana Rosati per l'invito e contribuisco alla ricerca con il link che esprime la posizione di Legambiente sul tema:
    http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/decalogo_rischibugie_ogm_0.pdf

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  2. Ringrazio il dott. Andrea Dominijanni, Vice Presidente di Legambiente Calabria, per questo utile decalogo che chiarisce il punto di vista di questa associazione sulla quasi totalità dei punti individuati nella nostra discussione.

    Grazie, soprattutto, per l'attenzione riservataci che esprime sensibilità nei confronti delle istanze provenienti dal mondo della scuola.

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  3. Grazie Ivana e Franca per avermi gentilmente invitato. Ciao Andrea ci conosciamo da molto tempo ma ci siamo persi di vista anche se seguo a distanza la tua attività Legambientale, per così dire. Devo complimentarmi con Ivana e i suoi allievi per l'iniziativa davvero ragguardevole, tanto per metodologia quanto per valore e complessità dei contenuti. A proposito di contenuti, dopo aver dato un'occhiata al cospicuo materiale da voi reso disponibile mi chiedo davvero cosa, in tutta onestà, possa aggiungere un botanico a questo già ricco dibattito. Allora, nel tentativo di dare un taglio originale al mio modesto intervento metterò in campo qualche considerazione personale ed anche autobiografica. La prima parte della mia vita consapevole, ovvero dai 13 ai 28 anni, è stata quasi interamente assorbita dallo studio delle scienze agrarie. Ho ricevuto una formazione tecnico-applicativa che definirei estrema, apprendendo ogni possibile tecnica per manipolare gli organismi viventi a fini meramente produttivi. Ho ahimé anch'io qualche invisibile OGM sulla mia coscienza, giacché appena finito il servizio di leva il Centro di Ricerche Biotecnologiche di Cremona mi assunse per studiare alcuni ceppi di Ruminococcus albus, un batterio anaerobio obbligato dell'ecosistema ruminale. Scopo della ricerca era individuare i geni codificanti alcuni complessi enzimatici cellulosolitici di Ruminococcus per "spararli" dentro un Escherichia coli in attesa del trasferimento in un batterio lattico impiegato per produrre l'insilato, un alimento per il bestiame. Trasformando parte della cellulosa del mais triturato in zuccheri fermentiscibili il nostro gene eterologo avrebbe auspicabilmente aumentato la possibilità di produrre quegli acidi organici che conservano l’insilato. Finita questa esperienza e dopo alcuni anni tra Lombardia e Lazio sono ritornato a Catanzaro nel 1997 chiudendo un lungo pellegrinaggio un pò in tutta Italia. È nella mia città che ho riscoperto il piacere per lo studio della botanica. Dopo aver ristudiato tutta la botanica generale ho preso in mano quella botanica sistematica tanto temuta all'università. Da quel momento (all'età di circa 32 anni) è iniziata la mia seconda giovinezza scientifica, fatta di ricerche sulla flora a vegetazione della Calabria, apprezzate a livello nazionale ed internazionale, congressi, pubblicazioni, libri che è stata infine coronata dal conseguimento del mio dottorato di ricerca in Botanica Ambientale ed Applicata.

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  4. Ed è proprio l’aggettivo “Ambientale”, con tutto il suo stupefacente fardello di conoscenze, che mi impedisce di guardare agli OGM con la serenità che forse sarebbe necessaria. Si comprenderà certo che uno come me che investe quasi ogni energia nello studio e comprensione dei meccanismi naturali della vita, come pure delle dinamiche alterate innescate dall’antropizzazione (es. introduzione più o meno involontaria negli ambienti naturali di specie aliene invasive) abbia qualche perplessità di fronte all’ultima frontiera della manipolazione ambientale. Credo comunque che non sarebbe serio liquidare sbrigativamente la discussione su un tema così sensibile, anche viste le implicazioni economiche e geopolitiche. Affrontare questa tematica caso per caso potrebbe essere un metodo applicabile, forse l’unico sensato. Confesso di essere rimasto un pò indietro rispetto alla più recente conoscenza dei meccanismi genetici e dello sviluppo. Tuttavia, mi sembra comunque di poter affermare che la scienza sia ben lontana da una consapevolezza completa dei meccanismi di codifica ed espressione genica e del significato evolutivo ed ecologico dei vari gruppi di geni. Il più delle volte siamo in grado di misurare il risultato di una manipolazione genica ma non le conseguenze di lungo periodo. Nessuno nel 1974 avrebbe potuto immaginare che il frumento duro a paglia corta Creso, uno dei maggiori successi del miglioramento genetico italiano, ottenuto utilizzando radiazioni gamma per aumentare la naturale frequenza di mutazione, ed ancora impiegato in tutto il mondo, potesse essere implicato (ma forse no) nell’aumento esponenziale di casi di celiachia a livello globale. Personalmente ritengo quindi il principio di precauzione una norma da applicare saggiamente fin quando non sapremo qualcosa di più sugli effetti di lungo periodo dell’impego degli OGM alimentari anche considerato che il nostro Paese possiede un’incredibile varietà di cultivar ed ecotipi di piante coltivate. Questo straordinario patrimonio di biodiversità potrebbe andare incontro a rapidi ed irreversibili processi di erosione se qualcosa dovesse andare storto. Vale davvero la pena correre il rischio?
    G. Caruso

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    1. Ringrazio sentitamente il prof. Giuseppe Caruso, esperto botanico e vanto per la nostra regione.
      Trovo assolutamente condivisibile l'opinione espressa riguardo alle valutazioni di opportunità, caso per caso, di ricorso agli OGM, bilanciando i vantaggi immediati con i rischi di effetti imprevedibili a lungo termine. Questo mi suggerisce che forse, chi potrebbe nell'immediato trarre maggiore beneficio da essi, sono i paesi poveri per affrancarsi dalla fame a patto che le sementi siano prodotte dai loro stati piuttosto che da multinazionali occidentali. E' un sogno impossibile?

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