giovedì 28 maggio 2015

Il contributo del Prof. Carlo Alberto Redi

Carissimi,

il prof. Carlo Alberto Redi (LINK), importante scienziato, Accademico dei Lincei ed uno dei maggiori esperti italiani nel settore delle biotecnologie, già più volte citato nel nostro blog anche quale promotore del "Manifesto per un buon uso delle biotecnologie", ha generosamente accolto il nostro invito!


Ovviamente ne siamo molto felici! Pubblico di seguito il documento che ci ha inviato, essendo piuttosto articolato e quindi inadatto per essere postato in commento nello "spazio ospiti".

Organismi geneticamente modificati nella catena alimentare: visto da Marte

CarloAlberto Redi
Accademico dei Lincei
Laboratorio di Biologia dello Sviluppo
Universita’ di Pavia


Ci e’ stato insegnato al liceo che in presenza di controversie e di punti di vista molto lontani, e’ buona cosa che gli interlocutori si pongano con buon animo e pacatezza attorno ad un tavolo e decidano su come la discussione debba procedere, con la ferma convinzione che solo un dibattito basato su comuni ed accettati presupposti possa aiutare: in altre parole, in presenza di situazioni intricate e di livelli della discussione che si frammischiano tra loro e’ bene decidere quale debba essere il modus ponens del dibattito, quali elementi debbano essere considerati, la gerarchia di valori e cosi’ via. Mai come nel caso del dibattito sulla sicurezza alimentare degli OGM questa prioritaria necessita’ e’ stata dimenticata. Visto da Marte, il dibattito attuale e’ a dir poco schizofrenico, scomposto in mille rivoli da interlocutori che non parlano la stessa lingua, reso sterile e falsato da pregiudizi ideologici. Cerchiamo allora di riportare un poco di ordine nella attuale confusione, di distinguere tra opportunita’ tecniche offerte dalle biotecnologie (in particolare quelle agroalimentari) e gestione politica di queste opportunita’, fermo restando che i diversi interlocutori (consumatori, e cioe’ noi tutti, decisori politici, imprese mercantili, scienziati) debbono rendere chiari i propri punti fermi, gli elementi del problema che considerano pregiudiziali ed utili per il dibattito; gli elementi che risulteranno condivisi permetteranno di meglio definire le condizioni al contorno del problema e quindi aiuteranno nello svolgimento di un dibattito efficace e costruttivo (tali dovrebbero essere tutti i dibattiti). Questa lunga premessa per tentare di chiarire quali aspetti del problema OGM nella catena alimentare siano ritenuti problematici nell’attuale scenario, ed eventualmente individuare i modi per una loro gestione che risulti corretta e soddisfacente i bisogni di tutti gli interlocutori; ed anche, quali aspetti richiedano ulteriori studi. Vi e’ una condivisione unanime sulla constatazione che la nostra specie deve affrontare oggi, al livello evolutivo a cui e’ giunta, diversi e rilevanti problemi: veniamo dalle caverne, siamo andati sulla luna, oggi il pianeta si presenta superaffollato, superinquinato, in crisi idrica, vicino alla desertificazione; piu’ della meta’ della superficie del pianeta e’ stata modificata dall’uomo (per usi legati alla agricoltura ed alla residenzialita’) negli ultimi 7000 anni, piu’ di un terzo solo a partire dalla rivoluzione industriale. Per affrontare un simile scenario (avendo in mente due pilastri etici del vivere sociale: salute ed istruzione per tutti i cittadini, al di la del censo, senza discriminazione sociale) e’ necessario dotarsi di strumenti idonei e potenti: primo fra tutti, un buon uso delle biotecnologie (si veda il manifesto sottoscritto da eminenti personalita’, certamente non al soldo delle imprese mercantili!). E dunque a questo riguardo e’ necessario stabilire i diversi piani del dibattito non potendo piu’ esservi dubbi sul fatto che le biotecnologie, in senso lato, siano una scelta obbligata per i tanti problemi che la nostra specie deve affrontare (a ulteriore sostegno di questa conclusione mi pare inutile anche solo un breve profilo storico dell’impiego delle biotecnologie, a partire dagli albori della umanita’).


EMOZIONE, RAZIONALITA' E CONOSCENZA 

L’attuale dibattito sugli OGM soffre di una forte componente emotiva che non permette di affrontare le problematiche ad essi connesse su una base scientifica. Il differente approccio dell’opinione pubblica nei confronti degli OGM impiegati in diversi settori (agroalimentare, industriale, ambientale, biomedico) denota una mancanza di coerenza che soltanto l'aumento delle conoscenze e l’accettazione razionale dei dati disponibili può permettere di superare. Ne consegue un problema di informazione capace di azzerare l’attuale analfabetismo biotecnologico.


CORRETTA INFORMAZIONE

L’informazione sugli OGM, e in generale sulle biotecnologie, è raramente offerta su basi scientifiche. Di fronte ad una legittima richiesta di informazioni da parte dell'opinione pubblica il dibattito viene condotto cavalcando le paure dei consumatori. E’ necessario promuovere una corretta informazione scientifica a tutti i livelli con il diretto contributo dei ricercatori attraverso la partecipazione a incontri con le comunità locali per un arricchimento culturale per tutti, capace di smorzare i toni ideologici: 


IL RUOLO DELLA POLITICA

Il “dibattito falsato” sugli OGM e sulle biotecnologie e’ dovuto in gran parte alla latitanza della gestione politica del problema. Questa ha due radici, l’una e’ la totale assenza di investimenti per ricerca in questo settore, il cui onere e’ quasi totalmente a carico della impresa mercantile. Chiamandosi fuori quale primo doveroso attore nel finanziare queste ricerche, i governi centrali hanno poi voce nulla nella gestione politica delle ricadute applicative. O meglio, e qui sta la seconda radice, ne hanno una del tutto negativa, una voce solo censoria, di negazione aprioristica delle possibili applicazioni in nome di un pregiudizio chiamato “principio di precauzione” (che e’ cosa seria). Ma cosi’ come non finanziano in prima persona le ricerche nel settore, non si pongono neppure nella condizione di corretto scrutatore delle evidenze fornite pro o contro gli OGM. Per non sbagliare, si proibisce (troppi sono gli esempi, anche recenti, per citarne anche solo uno). In realta’ qui il problema e’ piu’ profondo, ed e’ la preparazione scientifica del decisore politico che e’ nulla; inoltre, in Italia, assistiamo anche ad un fenomeno del tutto singolare, ad una totale mancanza di preparazione si accompagna una superbia che non ha limiti: deputati e senatori che discutono di OGM, natura dell’embrione, fisica dell’idrogeno, da veri esperti (in ambito anglosassone una tale posizione e’ inconcepibile fuori dal circo-varieta’). La classe politica dovrebbe tenere in maggiore considerazione l’opinione espressa dai comitati tecnici, per il bene di tutti. Si dovrebbero creare Agenzie Regionali per la Sicurezza Alimentare, che dovrebbero condurre analisi a campione su tutti gli alimenti in commercio, compresi quelli derivati da organismi non geneticamente modificati e dai prodotti biologici (non certo scevri da gravi pericoli, come ad esempio la frequente presenza di micotossine, e sottoposti ad un numero di saggi vicino allo zero, in una situazione tale da permettere truffe ai danni dei consumatori; per chiarezza, i cibi da OGM vanno incontro a piu’ di 50 diversi tipi di saggi per valutarne la sicurezza!!). Ciò contribuirebbe certamente a rassicurare l’opinione pubblica, garantendo al contempo la sicurezza alimentare a tutti i livelli. Piu’ in generale, il decisore politico dovrebbe impegnarsi a promuovere la cultura, l’educazione scientifica legata alle diverse problematiche del biotecnologico ed a cercare di limitare i danni, economici ed ambientali, dovuti alla attuale sovraproduzione agricola: in Italia, buona parte della produzione di riso, vite, olivo, pomodoro e’ sistematicamente distrutta; in Europa si produce circa il 600% di latte in piu’ del fabbisogno.

Vediamo quindi alcuni degli aspetti piu’ vistosi, e piu’ ripetuti a noia, ritenuti “veri” senza alcuna base scientifica. 

LA BIODIVERSITA'

L'erosione della biodiversità ha radici ben più profonde e non e’ dovuta all'avvento delle moderne biotecnologie e degli OGM. L'invenzione dell'agricoltura e le tecniche di selezione e di miglioramento genetico tradizionale hanno determinato irreparabili perdite nel patrimonio genetico delle specie di interesse agricolo o zootecnico. Questo non significa che si debba proseguire su questa strada ma nemmeno che l'impiego di OGM possa di per sé avere il potere di accelerare questa tendenza. Al contrario, sono molteplici le applicazioni delle tecnologie del DNA ricombinante, della caratterizzazione molecolare e delle biotecnologie riproduttive per la salvaguardia della biodiversità animale, vegetale e microbica. Queste ricerche devono senz'altro essere incoraggiate in quanto possono rappresentare l'unica soluzione possibile per la conservazione di determinate specie ormai in via di estinzione.

L'AMBIENTE

Le biotecnologie e in particolare le tecniche del DNA ricombinante, potrebbero recare incomparabili benefici all'ambiente: si pensi alla possibilità di utilizzare piante caratterizzate da una migliore capacità di assimilazione delle sostanze nutritizie (con una conseguente riduzione dei fertilizzanti), di coltivare piante resistenti ai patogeni, di distribuire antagonisti microbici (con la conseguente riduzione dei fitofarmaci distribuiti sulle colture), di ricorrere a processi industriali come lo sbiancamento della polpa di cellulosa non più basati sull'impiego di prodotti chimici ma sull'attività di enzimi ricombinanti in bioreattori, o ancora a pratiche di biorisanamento di siti contaminati che sfruttino ceppi batterici modificati capaci di degradare composti altamente inquinanti. In una parola, l’ecologia della ricostruzione, che ancora stenta a dotarsi di strumenti concettuali che non siano quelli derivati dagli studi classici di ecologia, non puo’ prescindere dall’impiego delle biotecnologie.

LA SALUTE ALIMENTARE

Mucca pazza puo’ essere considerato il paradigma della attuale confusione sugli OGM in tavola. Mucca pazza non ha nulla a che vedere con gli OGM, ma inevitabilmente viene presentato dai media nello stesso calderone in cui finiscono tutte le notizie allarmiste e sensazionalistiche legate agli OGM. Cosi’, una gravissima conseguenza di comportamenti truffaldini (l’elenco sarebbe lunghissimo, sino ai polli alla diossina) ammantati di eccesso di ecologismo povero di scienza (negli anni '70 gli ambientalisti plaudivano allo smaltimento delle carcasse animali attraverso l'immissione nella catena alimentare, in modo da ridurre l'inquinamento da diossina derivante dai processi di incenerimento) viene indirettamente fatta cadere sugli “scienziati”, matti o al soldo delle multinazionali, dimenticando di dire che sono gli scienziati ad avere chiarito la causa di mucca pazza (D. Carleton Gajdusek, Nobel 1976 per aver individuato presso gli aborigeni della Papua Nuova Guinea la malattia kuru, trasmessa per le abitudini rituali di cibarsi del cervello dei morti e piu’ tardi Stanley B. Prusiner, Nobel 1997 per aver individuato nei prioni un nuovo mezzo di infezione biologica) ed indicato la via terapeutica. Purtroppo, se le ricerche condotte fin'ora sul tema della biosicurezza e dell'impatto ambientale degli OGM non sono servite a rassicurare gli ecologisti, difficilmente potranno essere utili nuovi dati, anche perché questi non vengono tenuti in considerazione dagli ecologisti e dai media. Sara’ necessario proseguire con azioni capillari sul territorio, come quella intrapresa a Casalino (NO). 
Il cibo che domani troveremo sulle nostre tavole sara’ ottenuto da sementi geneticamente modificate, offrendo al consumatore piu’ alti valori nutrizionali e maggiore sicurezza alimentare. Cosi’ come le medicine del domani saranno ottenute attraverso l’applicazione di una varieta’ di procedure biotecnologiche capaci di fornire medicine piu’ potenti e piu’ mirate per la cura di diverse patologie e per ottenere diversi tipi di vaccini contro tante malattie.

de omnibus rebus et quibusdam aliis
1) Si ritiene che il processo di produzione degli OGM sia molto impreciso e soggetto ad errori capaci di creare varieta’ di sementi geneticamente poco controllabili una volta immesse nell’ambiente: In base ai dati forniti dalla Agenzia Atomica di Vienna (EMBO, 2001, 2:744), negli ultimi 50 anni ben 2252 tipi di sementi sono stati ingegnerizzati geneticamente attraverso il bombardamento con radiazioni (capaci di alterare il genoma in un modo cosi’ profondo che nessuna altra tecnica puo’ eguagliare, e di alterarlo in modo del tutto casuale) per ottenere sementi resistenti a diversi tipi di patologie. Per colmo di ironia, e’ proprio la agricoltura organico-biologica ad impiegare e sostenere le varieta’ di sementi resistenti ad alcune patologie ottenute con l’irraggiamento atomico. Dei diversi tipi di agricoltura, quello organico-biologico e’ il piu’ dipendente da questo tipo di sementi. Organizzazioni come Greenpeace, notoriamente contrari agli OGM, sostengono queste sementi come “tradizionali”, sementi che non sono mai state sottoposte ad alcun saggio di sicurezza alimentare e che in natura non esistono!
2) Si ritiene che la presenza di geni e proteine del tutto nuove in una specie costituisca un rischio per la salute: Nel caso del citatissimo mais GA21 resistente all’erbicida Roundup, la proteina EPSPS che conferisce la resistenza e’ diversa dalla forma selvatica per soli 3 aminoacidi e di fatto e’ ben piu’ simile alla forma selvatica che alla EPSPS di altre piante largamente “accettate”. Ma ancora piu’ stupefacente e’ il voler ignorare che negli ultimi 40 anni la proteina Bt e’ stata impiegata in agricoltura e quindi non si puo’ certo dire “nuova” nella nostra dieta. 
3) Si ritiene che una resistenza convenzionale ad insetti nocivi, nel mais, si sia evoluta naturalmente con il mais, nel suo ambiente: ora deve essere chiaro che il mais e’ una pianta del tutto addomesticata il cui unico ambiente naturale e’ da sempre il campo coltivato! L’unica evoluzione a cui il mais e’ stato sottoposto e’ stata quella governata dagli agricoltori. Il Teosinte (la forma selvatica da cui e’ stato originato il mais) ha contribuito con soli pochi individui (e quindi solo con una infinitesima parte della sua diversita’ genetica) all’attuale genoma del mais.
4) Si ritiene che la presenza di polline sia equivalente ad impollinazione: alcuni lavori citati dai movimenti anti-OGM riportano come evidenza di impollinazione la sola presenza di polline (il classico Timmons del 1995, presenza, non impollinazione, di polline a 1.5 Km); e’ questo un errore grossolano, di superficiale citazione di lavori e di errore di biologia di base, rilevare la presenza di polline non significa reale fecondazione. Trasporto di semi OGM o impollinazione anche a grande distanza possono comunque avvenire, ma sono certamente eventi rarissimi e non possono essere assimilati ad una presunta capacita’ del transgenico di marciare come una orda di barbari attraverso tutte le campagne di un paese.
5) Si ritiene che la presenza di una sostanza (carcinogenetica o teratogenetica ai saggi di laboratorio) in un cibo sia indicazione della pericolosita’ di quel cibo: i frutti e le verdure contengono naturalmente piu’ di 10.000 sostanze naturali che se estratte, concentrate e iniettate in roditori (come previsto dai saggi tossicologici) si rivelano carcinogenetiche o teratogenetiche (si consideri il benzene), ma non per questo non mangeremo piu’ frutta e verdura.
6) Si ritiene che alcune ipotizzate difficolta’ legate all’impiego di una nuova tecnologia siano bastanti per proibire per sempre tali tecnologie: se avessimo assunto questa attitudine di precauzione nel corso della nostra storia evolutiva saremmo ancora fermi al neolitico, non avremmo mai impiegato i pesticidi, l’elettricita’, i farmaci, i mezzi di locomozione. Ci saranno sempre problemi con le nuove tecnologie, la svolta mentale e concettuale deve essere quella di non rifiutarle ma di lavorare per la loro applicazione in buona sicurezza.
7) Si ritiene che gli OGM possono favorire il passaggio orizzontale di geni non desiderati (ad esempio la resistenza ad un antibiotico): questa convinzione viene dai risultati di studi presentati in modo distorto: l’esempio piu’ recente viene da The Guardian che in data 17/07/02 riporta la presenza di DNA da OGM nei batteri della flora intestinale di alcuni volontari. Si dimentica di dire che questo dato e’ valido solo per quei volontari che erano privi di un tratto intestinale e non si e’ verificato per il gruppo di controllo, volontari sani nei quali non e’ stato trovato alcun DNA da OGM. Il recente completamento dei programmi di sequenza di rappresentanti di Archea, Bacteria ed Eucarya ha messo in evidenza come il trasferimento orizzontale di geni sia un fenomeno universale; nel genoma umano centinaia di geni sono giunti a noi dai batteri ed oggi svolgono compiti chiave nella biologia cellulare della nostra specie.
8) Si ritiene che l’uso di OGM alimentari produca danni alla salute: ad oggi non vi e’ un solo dato a sostegno di questa ipotesi nel confronto con i cibi ottenuti dall’impiego delle tecniche agricole convenzionali; anzi, l’impiego di tecnologie piu’ precise e la piu’ severa regolamentazione a cui sono sottoposti li rende piu’ sicuri dei cibi ottenuti con tecnologie piu’ tradizionali.
9) Si ritiene che la evidente disparita’ di accesso alle biotecnologie alimentari sia dovuta alla tecnica in se’: il fatto che pochi monopoli detengano il mercato delle biotecnologie alimentari e’ diretta conseguenza della assenza dei governi centrali nel sostenere la ricerca in questo settore, non e’ dovuto alla tecnica in se’. Va fatta chiarezza: e’ ingenuo ed imprudente pensare di combattere i monopoli rifiutando le grandi potenzialita’ benefiche derivanti dalle biotecnologie in campo alimentare. Il riso golden (piu’ ricco di vitamina A, utile nella dieta di grandi strati di popolazione sottonutrita) e’ chiaramente un beneficio per i consumatori, ed anche in una ottica di economia “liberale” non puo’ essere lasciato in mano a due monopoli. Ma la impresa mercantile, che non e’ impresa di beneficenza, non puo’ essere contrastata solo con divieti. Questo punto e’ molto chiaro a paesi come Cuba, India, Cina che stanno investendo in modo cospicuo nel settore.
10) La riflessione finale sull’accettabilita’ degli OGM deve di necessita’ contemplare tutte le opzioni utili alla loro gestione: la priorita’ e’ l’educazione scientifica dei cittadini per far si che dalla loro diretta volonta’ discenda l’impegno ad una corretta gestione politica del problema. E’ questo anche un esercizio di democrazia, che tanto puo’ dare alla crescita di una societa’, ben al di fuori del campo delle biotecnologie.

5 commenti:

  1. Leggo sul blog di Beatrice Mautino
    (http://exposed-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/05/15/ogm-il-governo-si-impegna/)
    che: “Nella seduta di mercoledì 13/05/2015, la senatrice Cattaneo (Mov 5 Stelle) ha indotto il governo a riaprire la discussione sugli OGM”. "Entro l'estate", ha dichiarato alla fine della seduta il sottosegretario Gozi, il Governo si impegna a "trattare e risolvere il tema della ricerca pubblica in campo aperto, garantendo la massima sicurezza delle nostre coltivazioni tipiche".
    Il video con l’intervento della senatrice a partire dal minuto 113:
    http://webtv.senato.it/4193?seduta_assemblea=554.

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  2. Girovagando al Salone del libro di Torino, mi sono imbattuta in un libretto di 135 pagine di Corinne Lepage (http://www.corinnelepage.eu/biographie/), avvocato, Ministro dell’Ambiente in Francia negli anni 1995-1997 e dal 2009 Deputato Europarlamentare, fondatrice del partito ecologista Cap. 21 nonchè del CRIIGEN, un Comitato di Ricerca e Informazione indipendenti sull’Ingegneria Genetica. Il libro s’intitola “OGM- La verità riguarda anche te”.

    A dirla tutta, anche un altro libro sullo stesso tema è finito nel carrello degli acquisti, ma non l’ho ancora letto…

    Questo invece si… e la lettura si è rivelata piuttosto sconvolgente! Il libro ripercorre, attraverso l’osservatorio privilegiato dell’autrice, prima la vicenda del mais MON863 e poi dell’NK603, entrambi OGM prodotti da Monsanto.

    Partendo dal tentativo di secretazione degli studi compiuti da Monsanto sul mais MON863, in cui si giudicavano patologicamente irrilevanti effetti sulla salute delle cavie (topi) che erano statisticamente significativi, l’autrice passa poi a tracciare il percorso della ricerca condotta dal CRIIGEN sull’NK603. Si tratta del lavoro effettuato dall’equipe guidata dal Prof. Gilles Éric Seralini con tutte le polemiche che ne sono seguite, di cui voi ragazzi avete trovato traccia nel web portandolo all'attenzione di questa nostra piccola comunità; la spinta ad intraprenderlo è stata la convinzione che uno studio di soli 90 giorni, per altro a carico della stessa azienda produttrice di sementi transgeniche, non garantisse il rispetto della Direttiva Europea 2001/18 che impone studi di tossicità sia a breve che a lungo termine prima del rilascio dell’autorizzazione alla commercializzazione di un OGM.

    Ovviamente non entro nel merito sebbene il dubbio sia legittimo quando gli interessi economici sono grandi. Dando poi un’occhiata ai topolini dello studio (http://www.gmoseralini.org/en/), che a partire dal quarto e dal sesto mese di alimentazione con crocchette a base del mais transgenico hanno sviluppato tumori fino al 25% del loro peso, ammetto che il principio di precauzione si fa sempre più strada.

    Il libro è però particolarmente istruttivo e inquietante sotto un altro aspetto: svela infatti come una buona Direttiva (la 2001/18 di cui sopra) sia stata distolta dal suo obiettivo e aggirata sotto la pressione delle lobby delle sementi transgeniche.

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    1. Ecco alcune conseguenze importanti di queste pressioni, illustrate dall’autrice:

      • La Direttiva è stata tradotta in una normativa (1829/2003) meno rigorosa e che non prevede l’obbligo di informazione al pubblico di dati sanitari e ambientali (inseriti artificiosamente tra quelli coperti da segreto industriale), nemmeno in caso di grave rischio
      • Mutuandolo dagli USA, è stato introdotto nel diritto comunitario il “principio di equivalenza sostanziale” tra OGM e varietà tradizionali, sulla base del “dogma”, oggi contestato - dice l’autrice - che la proteina derivante dal transgene, non produca sostanziali alterazioni sul metabolismo della pianta. Da ciò derivano due conseguenze di notevole importanza: a) l’inutilità di studi sulle ripercussioni sanitarie (“Tous cobayes!” E’ il titolo del libro di Seralini che allude al fatto che, in assenza di studi condotti sugli animali, siamo tutti cavie); b) l’inutilità della tracciabilità ovvero dell’etichettatura degli OGM
      • Tutti gli attori sono deresponsabilizzati: i politici perché le decisioni assunte si basano sui pareri degli organi di consulenza; gli organi di consulenza perché nella valutazione dei rischi, non disponendo di personale proprio sufficiente, ricorrono a personale esterno che non riceve alcuna retribuzione per il parere reso e pertanto non se ne assume alcuna responsabilità; le aziende perché possono appellarsi “all’insufficienza dello stato delle conoscenze scientifiche che non gli ha permesso di essere a conoscenza del rischio”, conoscenze che non hanno interesse ad approfondire in quanto gli studi, specie a lungo termine, sono costosi e in caso di nocività, pregiudizievoli del profitto
      • Molti componenti degli organi di consulenza di cui si avvale la Comunità Europea per esprimere pareri hanno conflitti d’interesse. Ad esempio, mi sembra grave e significativo che, secondo l’Osservatorio delle imprese, ben 12 dei 24 membri della commissione OGM dell’EFSA (European Food and Safety Authority, che dovrebbe quindi tutelare la nostra sicurezza alimentare e sanitaria) si trovino in questa condizione
      • Il principio di precauzione è stato travisato. E’ infatti subordinato, in ambito comunitario, non al sospetto di rischio ma alla certezza di rischio (è ridicolo!).

      Dal momento che questo libro sembra dimostrare il sistematico aggiramento delle norme, mi chiedo allora se è vero che una “regolamentazione severa” dovrebbe garantirci cibi OGM più sicuri di quelli tradizionali,
      In definitiva la lettura di questo libro ha rinforzato in me l’opinione dell’assoluta necessità che i cittadini acquisiscano una nuova consapevolezza e di conseguenza un ruolo attivo per costringere i governi, asserviti agli interessi delle lobby economiche, a non delegare a queste ultime i progetti di ricerca sulla salute pubblica. Occorre rivendicare investimenti per una ricerca pubblica, trasparente, condivisa, internazionale sugli OGM. E dinanzi al persistere di opacità, silenzi, ambiguità sarà meglio appellarsi al principio di precauzione!

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  3. Ed ecco un piccolo resoconto dell’altro libro acquistato a Torino. Si tratta di : “Il mondo del cibo sotto brevetto – Controllare le sementi per governare i popoli” di Vandana Shiva, come già detto altrove, fisico, economista, ambientalista indiana e uno dei massimi esperti di ecologia sociale.
    Il libro affronta in particolare il tema dei brevetti su farmaci e sementi, due settori di importanza strategica in un paese come l’India, dove il 75% della popolazione vive di agricoltura e milioni di persone non hanno alcun accesso ai farmaci.
    Esso traccia in primis la “storia dei brevetti”, dalle origini nell’Italia rinascimentale fino al TRIPS, accordo sui diritti di proprietà intellettuale legati al commercio, ufficializzato nel 1994 e voluto dagli Stati Uniti (in cui i brevetti sono, oggi, il patrimonio più consistente della nazione) con l’intento di estendere a tutti gli altri paesi le proprie leggi interne in materia.
    Passa poi in rassegna gli argomenti solitamente addotti “a favore” (smontandoli) e “a sfavore” dei brevetti.
    Riguardo ai primi che definisce “leggende”, ad esempio, l’autrice critica fortemente l’idea che il brevetto costituisca uno stimolo alla creatività e all’innovazione e che non si producano nuovi saperi senza la spinta di un profitto privato. Ella sostiene che ciò è semplicemente espressione culturale del modello industriale del Nord del mondo che:
    • è connaturato al concetto di proprietà privata e di remunerazione del capitale investito
    • recinta i “beni comuni” espropriandoli come mezzi di sussistenza comunitaria e li trasforma in risorse commerciali ipersfruttate da privati
    • premiando l’avidità, ne fa una tendenza dominante nelle sue società
    • trascura e svaluta il paradigma più informale e collettivo con cui innovano le comunità indigene del Sud del mondo. Esse utilizzano risorse e beni comuni sulla base di un principio usufruttuario che implica cura, conservazione, protezione, condivisione, equità, sostenibilità: quindi una combinazione di diritti e responsabilità.

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    1. Riguardo ai secondi cioè agli argomenti “a sfavore dei brevetti”, l’economista riporta contraddizioni ed elementi di conflitto. Tra le contraddizioni cita, ad esempio, il fatto che gli USA hanno creato in passato la loro potenza grazie a saperi e tecnologie importate dal Regno Unito mentre oggi si oppongono ad un’analoga esportazione. Tra gli elementi di conflitto sottolinea non solo quello tra diritti individuali e interesse pubblico ma anche tra Nord e Sud del mondo di cui i brevetti contribuiscono ad acuire lo squilibrio economico. L’autrice considera infatti i brevetti una moderna forma di colonizzazione in nome del mercato, volta a:
      • impedire il trasferimento di tecnologia e lo sviluppo industriale del Sud del mondo, mantenuto nell’alveo di mercato per le merci prodotte nel Nord
      • perpetuare un meccanismo di sottrazione sistematica di risorse e saperi del Sud. La biopirateria che, in assenza di “invenzione”, concede diritti, estorce saperi indigeni, isola molecole e recinta beni comuni è da considerarsi un furto. Si tratta di diritti per il possesso, lo sfruttamento o il controllo esclusivo di risorse, prodotti o processi biologici da tempo in uso c/o le comunità locali (ad esempio sostanze medicinali, pesticidi naturali o alimenti come il riso “Basmati”) le quali ne vengono espropriate e spesso del tutto escluse a causa del conseguente forte aumento dei prezzi: risorse prima disponibili a basso costo risultano poi, una volta brevettate, al di fuori della loro portata.
      L’estensione del brevettabile al “vivente”: piante, animali, uomo, ha enormi implicazioni economiche, ecologiche, etiche. Il brevetto condiziona la vita di tutti: dei consumatori per l’aumento dei prezzi, dei contadini che non possono conservare le sementi essendo questa pratica secolare assurta a reato, dei ricercatori che non possono più scambiare liberamente le loro conoscenze. Il sapere stesso cambia; non è più concepito come impresa collettiva orientata all’interesse pubblico ma come merce orientata al profitto privato; l’incentivo non è la pubblicazione di un articolo scientifico ma un brevetto; la priorità non è la soddisfazione di un bisogno sociale ma la remunerazione del capitale investito. Cambia la rilevanza assegnata ad interi filoni di studio e ricerca e si prospetta la scomparsa di quelli necessari socialmente ma non lucrativi economicamente.
      L’auspicio della scrittrice è che gli stati smettano di latitare e pongano, con le leggi, dei limiti ai monopoli, per difendere gli interessi pubblici, preservare il tessuto etico della società e la salute di piante, animali, esseri umani e ambiente. Una necessità riconosciuta, paradossalmente, persino dal TRIPS! In particolare, sollecita un totale divieto di brevetti in due settori fondamentali, farmaci e sementi, a tutela dei due diritti naturali all’alimentazione e alla salute, come tali prioritari rispetto ai diritti di proprietà intellettuale.

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