Trasformare cellule leucemiche in macrofagi che le combattono
Pericolose cellule leucemiche possono essere
indotte a trasformarsi in cellule immunitarie
non dannose e in grado di combatterle. A indurre questa trasformazione in cellule leucemiche
coltivate in vitro è stato un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine che descrivono il metodo in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
La
scoperta è stata fatta da Ravi Majeti e colleghi nel corso di uno
studio su un sottotipo di leucemia linfoblastica acuta da precursori
delle cellule B, quella detta con cromosoma Philadelphia. Questa
leucemia è caratterizzata da una specifica alterazione genetica - in cui
i cromosomi 9 e 22 si mescolano e danno vita a un nuovo cromosoma,
detto cromosoma Philadelphia - che rende la malattia particolarmente
aggressiva e resistente alle terapie.
I ricercatori hanno prelevato alcune di queste cellule leucemiche da un
paziente e messe in vari tipi di coltura nel tentativo di tenerle in
vita quanto più a lungo possibile. A un certo punto i ricercatori si
sono accorti che alcune di queste cellule tumorali in coltura stavano
cambiando forma e dimensione, tanto da trasformarsi alla fine in
macrofagi.
Cercando
le ragioni di questa mutazione, Majeti e colleghi hanno trovato un
articolo del 1999 in cui si dimostrava che, nel topo, l'esposizione delle
cellule progenitrici delle cellule B a particolari fattori di
trascrizione (proteine che si legano al DNA attivando la trascrizione di
specifici geni) le costringe a una parziale riprogrammazione del loro
percorso di maturazione, che le porta a trasformarsi in macrofagi.
Dopo una serie di esperimenti, i ricercatori sono così riusciti a scoprire
la “ricetta” di fattori di trascrizione (ecco la biotecnologia!) che ha permesso di alterare il
destino delle cellule tumorali umane e trasformarle in macrofagi.
Potenzialmente questa trasformazione avrebbe un duplice vantaggio dal
punto di vista di una terapia della leucemia: ogni cellula così
trasformata non sarebbe infatti solo una cellula tumorale in meno
nell'organismo del paziente, ma diventerebbe anche un'efficace arma
contro le altre cellule leucemiche.
I macrofagi, che possono inghiottire e digerire cellule tumorali e
agenti patogeni, hanno anche la funzione di allertare altri meccanismi
di difesa immunitaria esponendo alla propria superficie frammenti
(antigeni) di ciò che hanno appena digerito. Quando ciò avviene si
scatena una risposta anticorpale contro tutte le cellule che possiedono
quegli antigeni. "Poiché questi macrofagi derivano dalle cellule
tumorali - spiega Majeti - portano già con sé gli antigeni che
identificano le cellule tumorali, rendendo più probabile ed efficace un
attacco immunitario contro le cellule leucemiche".
I ricercatori ora sperano di trovare un farmaco che possa indurre in
vivo la stessa reazione delle cellule leucemiche, contando anche sul
fatto che in oncologia c'è già un precedente di questo tipo: nella
leucemia promielocitica acuta, l'acido retinoico viene usato per
trasformare le cellule tumorali in cellule mature chiamate granulociti.
MA VEDIAMO ALCUNI FARMACI GIÀ SPERIMENTATI PER LA CURA DELLE LEUCEMIE
La cura della leucemia mieloide cronica ha fatto grandi passi
avanti grazie all'introduzione, alcuni anni fa dell'imatinib
mesilato, un farmaco biologico che blocca l'azione della proteina
bcr-abl, presente nelle persone affette da questo tipo di tumore e
non in quelle sane. Bcr-abl è in grado infatti di attivare una
serie di meccanismi che hanno come risultato l'insorgenza del
cancro: aumenta la capacità riproduttiva e invasiva delle cellule e
le rende insensibili ai fenomeni di apoptosi, cioè di morte
cellulare programmata. Nonostante la grande efficacia del farmaco,
però, alcune persone non rispondono alla terapia o diventano
resistenti durante il trattamento, secondo meccanismi non ancora
del tutto chiariti. Da qui la necessità di individuare nuovi
farmaci che agiscano su bersagli diversi da quelli noti, con lo
scopo di eliminare la malattia o perlomeno bloccarne la
progressione. Per questo gli autori dello studio (Riccardo Alessandro e coll., Università di Palermo), hanno focalizzato
la loro attenzione su una molecola dal nome complesso, il
carbossiamidotriazolo, o più semplicemente CAI. Il CAI, già
disponibile come farmaco, agisce sul calcio, una sostanza che a sua
volta svolge un'azione di regolazione in molti processi cellulari
normali (proliferazione) e patologici (per esempio contribuendo
all'insorgenza e progressione di alcune forme tumorali).
Secondo i risultati dello studio sperimentale, il CAI diminuisce i
livelli della proteina bcr-abl nelle cellule di leucemia mieloide
cronica resistenti all'imatinib, quindi può essere molto utile come
cura di secondo livello, se la prima fallisce. Risultati
preliminari, certo, e al momento limitati a modelli cellulari di
laboratorio, ma che suggeriscono una nuova ipotetica via per la
cura di questo tumore.
INOLTRE UN PARTICOLARE GENE POTREBBE ESSERE CRUCIALE PER COMPRENDERE MEGLIO E CURARE LA LEUCEMIA...
Secondo quanto riferito su Developmental Cell da Patricia
Ernst del Dana-Faber Cancer Institute questo gene, battezzato MML,
entra in funzione durante lo sviluppo embrionale e potrebbe dare
indicazioni di cura per patologie del sistema vascolare e per alcune
forme tumorali, come le leucemie.
Nel sangue ci sono infatti diversi tipi di cellule, che sommariamente
possiamo suddividere in globuli rossi, bianchi e piastrine. Queste
cellule si formano a partire da una riserva di staminali,
note come cellule emopoietiche, le quali nascono nel corso dello
sviluppo embrionale e vengono usate dal corpo per tutta la vita per il
ricambio di cellule del sangue.
I ricercatori, usando embrioni di topo col gene MML spento, hanno
scoperto che senza di esso le riserve emopoietiche non si formano. Con
analisi genetiche si sono accorti che MML accende a regola d'arte una
famiglia di altri geni dello sviluppo detti HOX.
La presenza di MML è critica per la crescita dell'organismo a livello
embrionale e lo rimane anche dopo. Infatti se MML è spento nei topi
adulti, comunque questi perdono la possibilità di produrre le cellule
del sangue pur avendo a disposizione le riserve emopoietiche
precedentemente formate.
La conoscenza di MML è cruciale secondo gli scienziati americani per
scoprire le basi biologiche di molte malattie del sangue. Tra queste
proprio di recente lo stesso gruppo di ricerca ha scoperto una leucemia a
carico di una mutazione proprio di MML.
da: http://medialab.sissa.it/scienzaEsperienza/notizia/2004/mar/Uesp040319n006/index.html
Brava Ale, risorse molto interessanti!
RispondiEliminaSe riesci ad aggregarne un'altra, sul tema, ancora meglio!
Grazie tante! Ne approfitto per farvi gli auguri di una buona Pasqua!
Elimina