La bioidrometallurgia è
una branca delle biotecnologie che comporta l'uso di microbi in un ambiente acquoso
per recuperare o trattare i metalli.
I minerali
scisti neri sono pregiati metalli preziosi tra cui rame, nichel, argento, oro e
platino. Alcuni ricercatori hanno utilizzato le biotecnologie per
estrarre i metalli con successo da questi siti difficili con il minimo impatto
ambientale. I microbi sono introdotti nello scisto, accelerando le trasformazioni chimiche
che portano a dissoluzione dei metalli e al successivo recupero selettivo. Il
resto del materiale è trasformato in rifiuti inerti.
Anche se l'applicazione commerciale della biometallurgia per l'estrazione del
rame ebbe inizio nel 1950 e venne estesa all'oro nel 1980, il vero potenziale
delle biotecnologie nel campo della metallurgia è rimasto inutilizzato. Gli scienziati europei hanno pertanto avviato il progetto Bioshale
("Search for a sustainable way of exploiting black shale ores using
biotechnologies"), l'obiettivo era di definire i processi biotecnologici
innovativi per il recupero efficace ed ecocompatibile di numerosi metalli
preziosi dai depositi di scisti neri.
Oggi il 25% circa della produzione mondiale del
metallo e' affidata alla bioestrazione
(uso di alcuni microrganismi per
estrarre sostanze minerali e preziose).
MICROBI IN
MINIERA PER ESTRARRE L'ORO. SONO PIÙ ECONOMICI E RENDONO DI PIÙ
Ora e' il momento dell'oro. Anche in questo caso sono i risvolti ambientali a fare di tale metodo naturale una logica alternativa ai processi chimici impiegati finora, spesso caratterizzati dalla necessita' di
ricorrere a temperature estreme e a pericolosi reagenti. Ma la bioestrazione
sta catturando il cuore dell' industria mineraria soprattutto per un altro
motivo. Con i giacimenti del globo che si impoveriscono sempre più, infatti,
le tecniche tradizionali ormai non sono più tanto vantaggiose sotto il profilo
economico mentre l' impiego di miliardi di microscopici organismi si sta
affermando come un modo particolarmente efficiente. Il discorso e' tanto più'
rilevante per l'oro, in quanto i minerali a bassa gradazione di cui sempre più spesso si avvale oggi l'industria aurifera richiedono costosi trattamenti
preliminari di ossidazione ad alta pressione prima di essere trattati con
cianuro di potassio per estrarne il nobile metallo giallo. Ma grazie all'impiego di microrganismi come il Thiobacillus Ferrooxidans . usato finora solo
nell'estrazione del rame, questi procedimenti possono essere eliminati. I
microscopici minatori biologici, infatti, non solo sono in grado di svolgere le
stesse operazioni in maniera "pulita" e con notevole risparmio ma
riescono addirittura ad aumentare fino all'80 -90 per cento le percentuali di
recupero delle particelle aurifere contenute nelle rocce. Cosi', dopo alcuni anni
di ricerche sperimentali adesso anche la bioestrazione dell'oro sta diventando
una vera operazione commerciale, con impianti in fase di costruzione in
Sudafrica, Ghana, Brasile e Stati Uniti.
Ottimi risultati si stanno ottenendo
anche nella bioestrazione dei fosfati che, pur non avendo il valore grezzo dei
metalli, hanno un posto di tutto rilievo sul mercato: basti pensare che come
fertilizzanti sono al secondo posto tra le sostanze più usate in agricoltura
(dopo l'azoto) e in forma più' raffinata vengono impiegati dall'industria dei
detergenti e delle gomme e come additivi nelle bevande gassate.
Fino ad ora, i
fosfati venivano estratti dai giacimenti tramite riscaldamento ad altissima
temperatura o trattamento con acido solforico. Ma di recente alcuni ricercatori
della California State University di Los Angeles hanno scoperto che due batteri: la Pseudomonas Cepacia e l'Erwinia Herbicola, possono svolgere un identico
processo di estrazione in condizioni meno estreme. Questi microrganismi,
durante i loro processi metabolici, hanno infatti l'inusuale capacita' di
convertire il glucosio e altri zuccheri in acido gluconico che, a sua volta,
può essere impiegato al posto dell' acido solforico per estrarre i fosfati a
temperatura ambiente senza danno all'ecosistema.
BATTERI
MINATORI ALLO STUDIO IN SVEZIA
Batteri che
estraggono metalli dalle rocce, suona forse fantascientifico ma esistono
veramente. La Boliden, una compagnia di estrazione mineraria svedese con sede a
Skelleftea, guiderà' un centro di ricerca internazionale per lo studio delle
tecniche estrattive a basso impatto ambientale.
L'estrazione
dei metalli dai minerali mediante l'utilizzo di calore ha un forte impatto
sull'effetto serra, sottolinea il Notiziario Scientifico settimanale
dell'Ambasciata italiana a Stoccolma e Oslo nel riportare la notizia, e grazie
alla Bioidrometallurgia, questo il termine coniato, il metallo viene
trasformato in una forma tale da poter essere estratto per percolazione (il
passaggio lento di un liquido dall'alto in basso attraverso una massa solida) dalla pietra grezza. Un processo, questo, noto da secoli che avviene
normalmente e continuamente in natura, nonostante non ne fosse conosciuto il
meccanismo. Solo nel 1986 sono iniziati processi di estrazione di oro dalle
miniere del Sudafrica con questo metodo. I batteri usati vengono prelevati da cataste di carbone in Inghilterra, ma gli stessi batteri sono stati localizzati anche nelle sorgenti calde in Islanda. La bioestrazione e' un processo sia chimico che batteriologico, e, poiché in un processo chimico la velocità delle reazioni e' proporzionale alla temperatura, devono essere utilizzati quei batteri in grado di sopportare temperature elevate.
METALLURGIA DEL RAME
La idrometallurgia è una tecnica poco usata, trova impiego principalmente per l'estrazione del rame dalle acque di miniera. Il rame deve essere sotto forma di ossido, se è sotto forma di solfuro è necessario fare prima un arrostimento all'aria. Il metodo consiste nel disciogliere in acido solforico o solfato ferrico l'ossido di rame. Quest'ultimo è solubile mentre ferro e ganga non lo sono. Si recupera il metallo con elettrodeposizione-precipitazione. Nella produzione con batteri il minerale viene fratturato e messo in vasche nelle quali viene pompata acqua arricchita di batteri, i Thiobacillus ferroxidans e i Thiobacillus thiooxidans. Questi microrganismi ossidano il solfuro di rame (insolubile in acqua) trasformandolo in solfato (solubile), ottenendo energia per le loro funzioni vitali. Questo sistema permette un notevole risparmio di energia rispetto all'estrazione tradizionale (fino al 30%) e non libera in atmosfera gas nocivi.
Brava Concetta! Un contributo nuovo, questo, dei batteri minatori:-)
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