martedì 7 aprile 2015

BIOTECNOLOGIE PER IL CERVELLO

 IL PRIMO MINICERVELLO UMANO IN PROVETTA


 Un organo complesso come il cervello umano creato in laboratorio. Un mini-cervello del diametro massimo di quattro millimetri, ma funzionante. Anzi, più di uno. Mini cortecce cerebrali, dall'aspetto biancastro, lattiginoso. La forma? Non proprio quella di un cervello. Una massa indefinita, ma funzionante. E’ accaduto nel laboratorio dell’Istituto di biotecnologia molecolare dell’Accademia austriaca delle scienze, in collaborazione con le Università di Edimburgo e di Londra. L’obiettivo è ora usare queste strutture per effettuare esperimenti utili a studiare disordini che colpiscono il cervello. Schizofrenia, autismo in primis. Ma anche la prevenzione di neuro-degenerazioni legate all’età, come l’Alzheimer o il Parkinson. La forma non è proprio perfetta. 

Dalle staminali, coltivate con una combinazione di diversi nutrienti, si è arrivati prima al foglietto di tessuto embrionale (neuroectoderma) da cui normalmente si sviluppa poi il sistema nervoso, nelle sue varie specializzazioni. Il primo passaggio da staminali che tutto possono diventare a staminali già orientate. Frammenti del neuroectoderma sono stati quindi assemblati su una sorta di «scheletro» guida posto in un bioreattore. In quest’apparecchiatura, un sistema chiuso in cui circolano ossigeno e nutrienti, è avvenuta l’ulteriore specializzazione dell’abbozzo di tessuto neuro-embrionale in mini-cervelli. In quattro mesi hanno raggiunto la dimensione massima: 4 millimetri. Piccoli ma costituiti da milioni di neuroni e da tessuto neuronale funzionante, reattivo ai test. 

Il mini cervello è anche un laboratorio nel quale riprodurre malattie neurologiche finora impossibili da studiare in un modello. Adesso, invece, è già stata riprodotta in provetta la prima malattia: la microcefalia. Nella ricerca austriaca sono state utilizzate sia cellule staminali embrionali sia cellule adulte riprogrammate, le cosiddette Staminali pluripotenti indotte (Ips). Una volta isolate e immerse in un ambiente capace di stimolarne lo sviluppo, le cellule sono diventate neuroni e si sono assemblate spontaneamente in una struttura tridimensionale. Tecnicamente non è un vero e proprio organo quello che le staminali hanno prodotto in vitro, ma un organoide. Più simile alla parte superiore, più complessa ed evoluta, del cervello umano: la corteccia. E’ in grado di sopravvivere per mesi in un bioreattore che lo aiuta a nutrirsi. Un abbozzo, perché si è ancora lontani dal riuscire a riprodurre in laboratorio un cervello del tutto simile a quello umano. Nonostante tutto, per la prima volta mini abbozzi tridimensionali di neuroni interagenti sono stati creati. Come modello funzionano. E, sottolineano i ricercatori che li hanno visti «nascere», hanno incredibili somiglianze con il cervello vero.


NUOVE SCOPERTE CONTRO GRAVI MALATTIE NEUROLOGICHE (NBIA) DALL’ISTITUTO NEUROLOGICO CARLO BESTA DI MILANO

L'Istituto Neurologico "Carlo Besta" ha compiuto due importanti scoperte contro gravi malattie neurologiche di origine genetica, chiamate NBIA, che colpiscono i bambini: sono stati identificati due geni sinora sconosciuti che, se alterati, causano la malattia e si è dimostrato che la pantetina, un integratore alimentare già approvato in USA, è efficace contro la progressione di una delle forme di queste malattie.

Le patologie NBIA sono patologie molto gravi caratterizzate da un anormale accumulo di ferro nel cervello. Queste patologie si manifestano nella maggioranza dei casi durante l'infanzia e il sintomo d'esordio più frequente è un disturbo del cammino dovuto spesso alla combinazione di più fattori, quali la rigidità delle estremità, movimenti incontrollati e spasticità. Con l'avanzare della malattia, questi sintomi compromettono la deambulazione autonoma e la maggior parte dei pazienti con esordio precoce sono costretti sulla sedia a rotelle a metà dell'adolescenza. 

Con questo studio, l'Istituto Neurologico Besta ha potuto dimostrare per la prima volta la possibilità di un approccio terapeutico sperimentale per la più diffusa forma di NBIA, che è causata da un'alterazione del gene PANK2 coinvolto nella produzione del coenzima A, un fattore cruciale per il metabolismo cellulare in generale e per quello dei grassi in particolare.

I ricercatori hanno dimostrato che somministrando in esperimenti di laboratorio la pantetina, una sostanza coinvolta nella sintesi del coenzima A, si osservava nei modelli murini una reversione dei segni clinici, un recupero della normale attività motoria e una sostanziale riduzione della neurodegenerazione. Sino a oggi sono stati identificati nove geni responsabili delle malattie NBIA ma nel 30% dei casi l'alterazione che le causa rimane sconosciuta, impedendo così di avere una diagnosi. Per questa ragione l'Istituto Neurologico Besta ha avviato, in collaborazione con l'Istituto di Genetica Umana di Monaco di Baviera, un progetto basato sul sequenziamento della parte codificante del DNA di pazienti con NBIA ancora senza una diagnosi genetica. I ricercatori hanno così identificato un nuovo gene, denominato COASY, che è responsabile della produzione di coenzima A che nei pazienti con NBIA risulta alterata.
Si tratta di un passo in avanti importante perché si rafforza la convinzione dell'importanza del ruolo del coenzima A nell'insorgere di queste patologie. I ricercatori ora intendono indagare come un'alterata sintesi del coenzima A possa determinare sindromi neurodegenerative accompagnate da accumulo di ferro in regioni specifiche del cervello. 


NANOBIOTECNOLOGIE IN CAMPO NEUROLOGICO: NANOTUBI VETTORI DI FARMACI PER RIPARARE I DANNI DELLE ZONE CEREBRALI COLPITE DA ICTUS

L'Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (In-Cnr) in collaborazione con l'University College di Londra e l'Università di Firenze ha condotto una ricerca per testare un nuovo metodo per contrastare gli effetti dell'ictus. Durante l'ictus le molte cellule neuronali danneggiate iniziano a sintetizzare dei fattori biochimici che scatenano una sorta di suicidio cellulare: in particolar modo, questa azione è indotta dalla proteina Caspasi 3. L'azione suicida di questa proteina può essere inibita attraverso delle particolari molecole di RNA, le silencing-RNA; fino ad ora è stato difficile però far arrivare le molecole di siRNA in quantità adeguate per riparare il danno subito. Lo studio si è concentrato su un modello murino ed è durato due anni: le molecole di siRNA, sono state legate a dei tubi di carbonio di
 dimensioni nanometriche e iniettate nella zona cerebrale danneggiata. Si è visto così che una volta che il nano vettore era stato riconosciuto dai neuroni, iniziava il rilascio del farmaco in dosi tali da ridurre la morte neuronale causata dall’ictus.

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