Le biotecnologie rappresentano un metodo in più a
disposizione dell’agricoltura: esse rendono possibile l’inserimento nelle
piante di specifici geni, anche provenienti da specie assai diverse, la cui
funzione è nota, affinché questi vengano espressi ed ereditati nelle
generazioni successive. Il miglioramento genetico quindi non è altro che un
sistema per ottimizzare la selezione naturale. Le tecniche biotecnologiche
applicate in agricoltura stanno portando alla “costruzione in laboratorio” di
nuovi alimenti i cosiddetti “cibi transgenici”; questi ultimi si presentano
come cibi migliorati dal punto di vista della durata, del gusto, del valore
nutritivo (più vitamine, sali minerali, meno colesterolo, meno grassi, ecc.),
che potrebbero potenzialmente risolvere le piaghe che affliggono i paesi
sottosviluppati. Le piante transgeniche sono quelle in cui è stato introdotto
un gene estraneo che può provenire dalla propria specie o da altre specie. I
pomodori, come le mele, le banane e molti altri frutti, continuano a maturare
anche dopo la raccolta. Gradualmente cambiano colore, consistenza, sapore, fino
a diventare immangiabili e marcire. L’intero processo avviene per azione
dell’etilene il quale è contenuto in un ormone della crescita e innesca quelle
reazioni interne di maturazione che degradano le pareti cellulari della frutta
e le espongono agli agenti esterni. La soluzione biotecnologica a questo
problema è molto semplice: inibire tramite alcuni geni la produzione di etilene
nelle piante, rallentando drasticamente la maturazione dei frutti. Vediamo
allora nel dettaglio come avvengono questi “trasferimenti di geni”. La tecnica
più diffusa per introdurre geni nel nucleo delle cellule vegetali, si basa
sulla capacità di un batterio, l’Agrobacterium tumefaciens, di trasferire parte
del proprio patrimonio genetico alle piante che infetta. Questo parassita
attacca le radici e introduce nelle cellule un plasmide1 che induce la
formazione di un tumore, il “callo del colletto”. Il plasmide si comporta nella
cellula vegetale come un disco di programma in un computer, obbligando la
pianta a produrre tutto che è codificato nella propria sequenza di acido
nucleico, a seguito di un’integrazione dell’informazione che è permanente.
Manipolando il DNA del batterio, in modo da eliminare i geni che provocano la
malattia nella pianta e sostituendoli con geni portatori dell’informazione
genetica che si desidera trasmettere alla stessa, si ottiene una pianta con le
caratteristiche desiderate. Secondo molti ambientalisti il rilascio in natura
di organismi geneticamente modificati è pericoloso, perché è impossibile
valutare in laboratorio l’interazione tra il nuovo essere e l’ambiente. I
rischi riguardano la comparsa di “supererbacce” e di “superparassiti” , la
nascita di nuovi ceppi di virus pericolosi o di malattie resistenti agli
antibiotici, l’estinzione di specie naturali, il diffondersi di allergie ai
nuovi cibi. Greenpeace afferma: “Gli organismi viventi si riproducono e si
diffondono ma non possono essere revocati, rilasciatene uno sbagliato
nell’ambiente e il disastro sarà irreparabile”. La modificazione genetica degli
organismi in sé non è né buona né cattiva: dipende solo dall’uso che se ne
vuole fare. Se ci sarà un approccio onesto e rispettoso verso chi dovrà
usufruirne, ci potranno essere benefici per tutti.
"... Il mio parere, e quello che io esprimo in Il secolo biotech, è che il serbatoio genetico deve rimanere aperto. È un patrimonio comune. Fa parte della comune eredità dell'evoluzione. Non dovrebbe essere ridotto a proprietà politica dei governi o proprietà intellettuale e commerciale delle società. Se riduciamo il serbatoio genetico a una proprietà privata che può essere sfruttata commercialmente avremo guerre genetiche nei prossimi secoli...". Jeremy Rifkin - 23/11/1998 - Repubblica
martedì 31 marzo 2015
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Caro Marco,
RispondiEliminagrazie del tuo tentativo. In relazione alle consegne, esplicitate nel compito (ti invito a rileggerlo con attenzione), devo però fare queste osservazioni:
-i temi e le osservazioni ad essi relativi, sono già stati ampiamente trattati da altri membri della comunità (dall'Agrobacterium tumefaciens del post di Francesca Zangari, all'etilene che fa "invecchiare" le piante e quindi maturare i frutti del post di Nicole Piccoli, ai cibi trangenici di vari altri interventi;
-il post è completamente privo di figure, link (riferimenti alle fonte da cui hai preso le informazioni), etichette.
Ti sarei grata quindi se, alla luce di queste osservazioni, rielaborassi il tuo post :-)