martedì 24 marzo 2015

Bioingegneria tissutale: Quante prospettive?

COSI' RINASCONO I DENTI (LINK)



Denti nuovi rinati grazie a tecniche di bioingegneria tissutale: è accaduto in Giappone, dove un team di studiosi nel 2009, è riuscito a far rinascere i denti nei topolini che ne erano sprovvisti. Lo studio, condotto in collaborazione tra l`università di Scienze di Tokyo e la Miller School of Medicine di Miami (Stati Uniti), è stato guidato da Fei Liu, ricercatore del Texas Health Science Center College of Medicine di Temple (Stati Uniti), ed è stato pubblicato online su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Dallo studio, spiega Takashi Tsuji, ricercatore dell`Università di Scienze di Tokyo e coautore dello studio, è emerso che i topi con i denti "nuovi" non avevano avuto problemi a mangiare, e che avevano anche sviluppato fibre nervose in grado di sentire dolore.


La ricerca lascia sperare che in futuro i bio-tessuti realizzati possano essere utilizzati, oltre che per realizzare intarsi e capsule per la ricostruzione dei denti, "per curare malformazioni del labbro e del palato e per altre patologie che coinvolgono i denti e le ossa della cavità orale", spiega Louis Elsas, della Miller School of Medicine di Miami. Dalla bioingegneria in grado di ricostruire i tessuti, spiegano gli studiosi, potrebbero essere realizzati anche nuovi organi umani: la sfida per i ricercatori sarà ora quella di capire come generare organi affinché funzionino correttamente.


Un rene di ricambio, non artificiale, bensì “riciclato”. Per ora sui topi ma la prospettiva alimenta le speranze di milioni di pazienti emodializzati nel mondo. Gli scienziati americani, il cui studio appare nella rivista Nature Medicine (2013), hanno sviluppato una tecnica per rivitalizzare un rene grazie a cellule sane prelevate dallo stesso paziente o da un donatore compatibile.

La novità è rappresentata dalla "matrice", che viene rigenerata. Il metodo prevede che il rene sia ripulito delle cellule mediante un lavaggio, una infusione di una sostanza che permette di “decellularizzare” l'organo. Questo permette di avere una impalcatura biocompatile per il trapianto, nella quale vengono seminate cellule prelevate dallo stesso paziente o da donatori. Il rene conserva la sua struttura anatomica, mentre innestando nuove cellule e stimolandone la crescita si riparano le parti funzionali danneggiate o andate perse. Le cellule della pelle consentono di ricreare il sistema vascolare, mentre le cellule renali i glomeruli, le unità fondamentali attraverso le quali il rene filtra le scorie presenti nel sangue e le elimina attraverso le urine. 

I ricercatori stanno testando la tecnica su reni di topi, maiali e uomini. Il rene biotech è stato “coltivato” in un incubatore per 12 giorni. Questo ha permesso la crescita delle cellule che hanno riprodotto la struttura biologica di un rene nuovo di zecca. La funzionalità verificata in laboratorio ha permesso di replicare le funzioni di un rene sano al 23%: il rene “rinato” ha la capacità di produrre urina senza formazione di coaguli e senza sanguinamento. Trapiantato nel topo la performance è stata minore: il 5% rispetto a un rene sano. Dati che non scoraggiano i ricercatori. Secondo Harald Ott, che guida la ricerca presso il Centro di medicina rigenerativa se si ottenesse un rene con una funzionalità tra il 10 e il 15% rispetto al normale si potrebbero già gettare “le basi per consentire a molti pazienti di rendersi indipendenti dall’emodialisi”.

L'ingegneria tissutale della pelle



Da diversi decenni la ricerca si occupa della coltivazione della pelle per il trattamento di ustioni, lesioni, ferite o ulcerazioni di difficile cicatrizzazione. Non a caso la produzione di sostituti cutanei è la forma di ingegneria tissutale più avanzata. La pelle artificiale (LINK) ottenuta mediante l'ingegneria tissutale può essere utilizzata quando un paziente non dispone più di sufficienti porzioni di pelle intatta da trapiantare nel punto lesionato.

Pro e contro delle varie forme di coltura

La possibilità di coltivare in laboratorio interi lembi di pelle partendo da piccole porzioni di pelle prelevate dal paziente rappresenta un grande passo avanti. Ciò nonostante, poiché tali costrutti non presentano la struttura stratificata della pelle naturale, le lesioni interessate sono coperte unicamente da una membrana sottile e delicata. Per questo motivo, essi non rappresentano ancora un'alternativa sostitutiva agli innesti epidermici o ai trapianti di pelle completa. Possono infatti insorgere problemi come un'insufficiente cicatrizzazione, un'insufficiente stabilità meccanica o la mancanza di strutture cutanee differenziate (p. es. ghiandole sudoripare).

La ricerca sta lavorando intensamente per riuscire a coltivare pelle multistrato e poter così riprodurre tutte le proprietà strutturali e funzionali di una pelle sana. Attualmente esistono già metodi di coltivazione di pelle stratificata. Tuttavia, dato che essa contiene cellule allogene (estranee), la tolleranza immunologica non supera le due-tre settimane. Questo tipo di pelle si presta quindi unicamente ad una copertura temporanea delle lesioni.

Ma in laboratorio, come si nutrono le cellule?

Nell'organismo vivente le cellule si mantengono vitali grazie all'apporto di sostanze nutritive, garantito dal sistema vascolare che, tramite la rete capillare, nutre il tessuto a livello cellulare e rimuove i prodotti di scarto, derivati dal metabolismo cellulare

In vitro le funzioni dell'apparato vascolare sono vicariate dal terreno di coltura, un mezzo liquido altamente nutritivo. Esso è costituito da sostanze di base, quali glucosio, amminoacidi, vitamine, sali minerali ed elementi presenti in traccia, necessari per le normali funzioni fisiologiche della cellula, e dal siero animale (solitamente siero bovino fetale), che sostiene la crescita e la proliferazione cellulare. Il siero viene nella maggior parte dei casi usato alla concentrazione del 5÷20% e contiene fattori di crescita, come il fattore di crescita piastrinico (PDGF), il fattore di crescita epidermico (EGF), fattori di crescita insulino-simili (IGF), ormoni (per es., insulina), lipidi (acidi grassi, fosfolipidi, lecitine e colesterolo), importanti come fonte energetica e per la sintesi della membrana plasmatica, e fattori adesivi, quali fibronectina e vitronectina, transferrina, importante per il metabolismo del ferro, e albumina, capace di trasportare vitamine e lipidi.

Le cellule devono essere nutrite regolarmente in condizioni asettiche per garantirne la vitalità. Le cellule normali aderiscono a superfici di vetro o di plastica trattata e proliferano fino a formare un monostrato confluente che ricopre completamente la superficie del contenitore (capsula di Petri o fiasca). Per garantire il mantenimento delle cellule in un microambiente simile a quello nativo, le cellule in laboratorio sono tenute in incubatore a 37 °C ad atmosfera controllata (95% aria, 5% CO2), ciò che consente di mantenere il corretto pH cellulare. A seconda del tessuto di provenienza, le cellule possono necessitare dell'aggiunta al terreno di coltura di fattori specifici, in modo da conservare lo stesso grado di proliferazione e differenziamento.

http://www.treccani.it/enciclopedia/cellula-colture-di-cellule-e-tessuti_%28Enciclopedia_della_Scienza_e_della_Tecnica%29/

3 commenti:

  1. Cara Simona,

    l'argomento è pertinente e interessante. Tuttavia, come sai, per completare il compito devi individuare e discutere altre due risorse sullo stesso tema. Ricorda di mettere l'etichetta :-)

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