martedì 24 marzo 2015

BIOTECNOLOGIE APPLICATE AL RESTAURO

FONTE IMMAGINE:http://www.bioresart.it/index.php/biotecnologie-applicate-al-restauro/
Biores art (LINK) è specializzata in biotecnologie applicate al restauro e alla conservazione delle opere d’arte. Il fine è quello di contrastare e identificare gli agenti biodeteriogeni responsabili della consunzione del bene  e di contrastare il fenomeno del biodeterioramento in modo selettivo.
Grazie alle specifiche competenze e alla rete di professionisti e scienziati instaurata durante gli anni di ricerca e sperimentazione, Biores offre a imprese di restauro, musei, biblioteche e privati cittadini servizi di:
  • supporto a restauri innovativi e non invasivi nei confronti dell’opera d’arte
  • consulenza e sperimentazione sui prodotti per il restauro atti a prevenire il rischio biologico
  • monitoraggi biologici e ambientali per la prevenzione del biodeterioramento delle opere d’arte e per la valutazione del rischio biologico negli ambienti indoor
  • formazione per i restauratori ed altri operatori di settore sul tema del biodeterioramento
Il gruppo Biores (Biodeterioration of cultural heritage. Research & Service) nasce dall’esperienza decennale maturata dal suo fondatore, Matteo Montanari, nelle strutture di ricerca del Diproval, Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Bologna. Nel gennaio 2009, Biores avvia la sperimentazione dei suoi servizi scientifici per i Beni Culturali, grazie ad un finanziamento del Consorzio Spinner della Regione Emilia Romagna (consorzio tra Regione ed Enti di Ricerca pubblici), per la creazione d’impresa da idee innovative e ad alto contenuto di conoscenza.
Sin dall’inizio del XXI secolo, le biotecnologie hanno fornito tecniche innovative utilizzabili nell’ambito della diagnosi in riferimento al biodeterioramento dei beni culturali e nella definizione di opportune strategie di conservazione/restauro. Dal punto di vista della diagnosi, le tecniche di biologia molecolare permettono di minimizzare la quantità di campione, ottimizzando le informazioni per la diagnosi di una colonizzazione microbica dei beni culturali, permettendo anche la rivelazione di specie microbiche sconosciute e che non sono mai state coltivate. L’approccio molecolare, basato sull’analisi del DNA genomico, ha dimostrato di essere molto utile anche per rivelare e identificare le particelle microbiche disperse nel bioaerosol di ambienti confinati, che possono indurre potenziali disturbi nella salute ai visitatori/ operatori professionali. Da un altro punto di vista, la scienza e la tecnologia hanno fornito e continuano a fornire protocolli innovativi per la pulitura biologica (Bio-cleaning) delle superfici di opere d’arte

L’azione della pulitura rappresenta uno dei primi e più importanti passi in un progetto di restauro conservativo. Essa deve essere eseguita con attenzione e in modo selettivo, distinguendo tra le diverse zone, con lo scopo di non danneggiare irreversibilmente la superficie dell’oggetto, rimuovendo i depositi senza interagire direttamente con i materiali originali della superficie.
Finora numerose pubblicazioni scientifiche riportano che la bio-pulitura, eseguita con enzimi puriicati o cellule batteriche vitali, sembra soddisfare tali standard di precisione. In particolare, sia diversi ceppi batterici con specfiche attività cellulari, vengono impiegati efficacemente per il risanamento di ambienti inquinati; sia molecole bioreattive (proteine enzimatiche o enzimi) isolate da differenti sistemi biologici, possono essere applicate per rimuovere gli strati sovrapposti di diversa natura organica (proteine, olii, amidi) dalle superfici di manufatti storico-artistici. 

I primi tentativi di biopulitura con proteine enzimatiche, risalenti al 1970, vennero inizialmente eseguiti su manufatti cartacei e su tele di manufatti policromi, ma rimasero esperienze isolate. Wendelbo, riferisce di un trattamento enzimatico (tripsina in tampone fosfato a pH 8.0, per 10 minuti a 40° C) su alcune pagine del libro incollate con colla animale. Segal e Cooper applicano un doppio trattamento enzimatico, per rimuovere adesivi composti di amido e proteine, utilizzando sia Amilasi (in tampone fosfato pH 7,0 e incubando a 38° C) e Proteasi (in tampone fosfato a pH 7.5, incubando a 40° C). Makes, nel 1982, riporta la prima applicazione di una miscela enzimatica (amilasi/proteasi) per rimuovere colla pasta dal retro di un dipinto ad olio, e successivamente, nel 1988, l’impiego di una miscela di enzimi per rimuovere un legante proteico/oleoso da una superficie dipinta. Le lipasi sono state utilizzate per la rimozione di resine acriliche invecchiate (Paraloid B72) usate come rivestimento o di ridipinture su base oleosa, immobilizzando gli enzimi in gel acquosi. L’enzima Laccasi di origine fungina è stato applicato per rimuovere la pigmentazione su superfici marmoree prodotta da batteri del genere Serratia. 

Un’alternativa alla pulitura con enzimi purificati è l’impiego di cellule batteriche vive, potenziale applicazione inizialmente percepita da Atlas nel 1988, in seguito implementata da Sorlini, Ranalli e Cappitelli. In particolare, l’applicazione dei batteri della specie Desulfovibrio desulfuricans (supportati da Carbogel) ha permesso la rimozione di croste nere, producendo la riduzione di solfati in acido soflidrico. Lo stesso gruppo di ricerca che eseguì la biopulitura di uno degli affreschi del Camposanto Monumentale di Pisa, utilizzando cellule batteriche vitali di Pseudomonas stutzeri (ceppo A29) in grado di idrolizzare strati di colla animale, ridusse al minimo il rischio di alterazione dei pigmenti con elevata efficienza (80-90%). La pulitura è stata eseguita su diverse zone dell’affresco, mantenendo i batteri sulla superficie per 8-12 ore ad una temperatura di 28-30° C. La maggior parte dello strato organico fu degradato dall’attività metabolica batterica, mentre la colla residua fu eliminata ricorrendo all’uso di una soluzione enzimatica contenente Proteasi-Type XIX .In questi studi l’attività distruttiva, risultante dal metabolismo delle cellule batteriche, è stata utilizzata con successo per ridurre i solfati presenti nelle croste nere o per idrolizzare strati di colla animale. La biorimozione di colla animale da pitture murali, mediante cellule batteriche vitali della specie Pseudomonas stutzeri, è stata recentemente riportata da Bosch.


Restauratori al lavoro agli affreschi del Cimitero Monumentale di Pisa

Nuovi enzimi potenzialmente utili per la biopulitura delle superfici di opere d’arte (LINK)

Attualmente, le idrolasi (amilasi, proteasi, esterasi) disponibili in commercio e utilizzabili per le biopulitura di opere d’ arte sono state isolate e purificate da biosistemi terrestri e applicate a temperature > 30° C. 

In particolare, è possibile isolare l’amilasi da tessuti animali o microrganismi (Bacillus sp., Aspergillus sp.); lipasi da tessuti animali (pancreas) e vegetali (semi di avena e frumento) o da specie microbiche (Bacillus, Aspergillus, Penicillium). Pepsina, Tripsina e Proteasi possono essere estratti sia da tessuti animali (pancreas, stomaco) sia da cellule microbiche (Bacillus, Aspergillus). L’uso razionale di una soluzione enzimatica o di una miscela di enzimi purificati, richiede informazioni sulla: i) natura del materiale da rimuovere (proteine, amidi, olii, grassi, cere); ii) attività idrolitica e specificità d’azione; iii) pH e concentrazione salinaiv) temperatura.

La temperatura di reazione rappresenta un punto cruciale nei protocolli di pulitura enzimatica, poiché non è appropriato né l’uso di soluzioni enzimatiche preriscaldate (temperatura > 30 °C) né il riscaldamento delle superfici del manufatto su cui deve essere applicata. Al fine di evitare gli effetti indesiderati correlati alla temperatura di reazione dell’enzima, nel nostro laboratorio stiamo definendo dei protocolli di pulitura enzimatica che prevedono l’utilizzo di nuove idrolasi isolate da organismi marini. Gli organismi marini rappresentano una potenziale e ricca fonte di diversi enzimi con proprietà uniche, con una vasta gamma d’interessanti applicazioni nella ricerca scientifica e nell’industria. Due gruppi di idrolasi con attività collagenolitica/proteolitica sono stati isolati da organismi marini vertebrati e invertebrati, la cui attività proteasica è stata saggiata mediante elettroforesi SDS-PAGE o con il metodo di Kembhavi. Le peculiarità più interessante è che questi enzimi sono attivi a temperature comprese tra 4° C e 37 ° C.

Recentemente abbiamo eseguito la rimozione di strati proteici (colla animale), sia da tasselli test realizzati ad hoc (Test laboratorio) sia da aree definite di arredi in legno policromo (Museo Diocesano Palermo), in maniera selettiva e in tempi ridotti (5-10 minuti), realizzata ad una temperatura di 22+3 °CI risultati dei test di pulitura hanno mostrato risultati affidabili, operando a una temperatura compresa tra 19°C e 25,5 °C, che coincide con la temperatura dei laboratori di restauro o dell’ambiente di conservazione dei depositi, dove sono stati puliti i tasselli test o erano presenti gli arredi lignei. Quindi, non è stata riscaldata né la soluzione enzimatica né la superficie su cui è stata applicata. Questa particolare caratteristica rende queste proteasi più appropriate di altre, di solito attive a temperature superiori. La nostra ipotesi conferma che questi enzimi possono implementare la conoscenza e l’efficienza dei protocolli di pulitura e possono essere utilizzati per rimuovere facilmente strati soprammessi di colla animale, che alterano la superficie di opere d’arte. Questa caratteristica costituisce un’innovazione rispetto all’utilizzo degli enzimi disponibili in commercio, rientrando nei moderni criteri del restauro conservativo, che prevedono: compatibilità con i materiali costitutivi originali; minimo intervento; effettiva applicabilità del prodotto con la riduzione dei costi e del tempo necessario all’operatore.


da: http://www.imperatore.it/

Interni del Museo Diocesano di Palermo, al cui interno arredi lignei sono stati sottoposti a biorestauro
da: http://www.ilgiornaledellarchitettura.com/articoli/2011/10/111653.html

In alternativa ai metodi tradizionali, i metodi biologici che prevedono l’uso di enzimi o cellule batteriche vitali presentano dei rilevanti vantaggi, come quello di indurre processi più specifici e molto selettivi, quindi non invasivi, agendo solo su composti bersaglio senza interagire con molecole diverse da quelle per cui sono impiegatiInoltre, la nostra attenzione è rivolta anche ad altri enzimi, parzialmente purificati da organismi marini invertebrati, che presentano attività lipolitica. Come per le Proteasi, le Lipasi rappresentano una valida alternativa ai metodi convenzionali, ad esempio per la rimozione di olii siccativi invecchiati, operando in condizioni di sicurezza sia per la salute dell’operatore sia per l’integrità dell’opera. Inoltre, l’isolamento e la purificazione di proteine enzimatiche già attive a temperature inferiori a 30° C, come quelle isolabili da organismi marini, possono fornire molecole innovative e utili in progetti di restauro di manufatti d’interesse storico artistico.

Franco Palla
Laboratorio di Biologia e Biotecnologie per i Beni Culturali, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche, Università degli Studi di Palermo

 FONTE IMMAGINE:http://www.bioresart.it/index.php/

3 commenti:

  1. Gran bel lavoro, Giuseppe!

    E' bello anche scoprire collegamenti inattesi, come in questo caso: enzimi estratti da organismi marini (idrolasi) e quindi biotecnologie marine a servizio delle biotecnologie per l'ARTE.

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  2. Giuseppe e Chiara,
    potreste cercare di scoprire perché sui dipinti veniva messa colla animale? Penso ci sia più di una ragione... Vi prego di riunire le risposte in coda a un solo post. Per cavalleria, chiederei a Giuseppe di postare in commento all'articolo di Chiara :-)

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