lunedì 23 marzo 2015

CURARSI CON LE CELLULE STAMINALI


Le cellule staminali sono cellule il cui destino non è ancora "deciso". Possono originare vari tipi di cellule diverse, attraverso un processo denominato "differenziamento".

Nelle fasi iniziali dello sviluppo umano sono situate nell'embrione e sono diverse da tutti i tipi di cellule esistenti nell'organismo. La possibilità di controllare lo spettacolare potere di queste cellule staminali embrionali, allo scopo di curare vari tipi di malattie, entusiasma gli studiosi. Per esempio, si spera che in un futuro prossimo, la ricerca potrà rivoluzionare il modo di curare tante malattie come l'ictus, il diabete, le malattie cardiache le paralisi, il morbo di Parkinson e l'Alzheimer. 

Gli atteggiamenti verso l'uso di cellule staminali a fini di ricerca o di cure mediche variano da un paese all'altro. In Germania, per esempio, l'estrazione di cellule staminali da un embrione umano è considerata illegale, in Gran Bretagna è legale, ma le leggi in materia sono rigorose: gli scienziati britannici possono utilizzare embrioni umani a fini di ricerca fino a quattordici giorni dopo la fecondazione dell'ovulo. In questo momento, l'embrione è un insieme di cellule, grande più o meno come un quarto della testa di uno spillo (0,2 mm). In molti paesi non esistono invece ancora leggi esplicite atte a disciplinare la ricerca sulle cellule staminali umane.


Essendo l'utilizzo di embrioni una questione di grande controversia in termini etici, gli scienziati di tutto il mondo cercano altre fonti di cellule staminali. Il tipo di cellule staminali che si trova nel midollo osseo degli adulti sembra essere una possibilità. Queste cellule staminali sono potenzialmente già capaci di differenziarsi in una gran varietà di globuli rossi nell'arco del ciclo vitale. In futuro, gli scienziati sperano di manipolare queste cellule staminali adulte affinché, invece di produrre soltanto globuli rossi, possano dare origine a cellule cerebrali, epatiche, cardiache e nervose.

Nel caso delle malattie dell’occhio si è andati forse oltre le aspettative.

La degenerazione della macula è una delle cause principali della perdita della vista per persone sopra i 65 anni. Una piccola azienda di biotecnologie con sede a Marlborough,ha trapiantato cellule cresciute in laboratorio negli occhi di nove pazienti affetti da degenerazione maculare e nove affetti da distrofia maculare di Stargardt. L'idea alla base della cura della Advanced Cell è quella di sostituire con cellule cresciute in laboratorio le cellule dell'epitelio retinico pigmentato, conosciute come cellule RPE, un tipo di tessuto di supporto, senza il quale i fotorecettori di una persona muoiono.

L'obiettivo principale della ricerca è stato dimostrare la sicurezza delle cellule. I ricercatori non hanno riscontrato effetti collaterali e hanno sostenuto di aver osservato alcuni miglioramenti nei pazienti: per la metà di loro la vista è migliorata. Molti specialisti in oculistica sostengono però che è troppo presto per dire se l'aumento della vista sia reale. I pazienti non sono stati esaminati da specialisti "indipendenti", spiegano, e il grado di visione in pazienti con problemi di vista è notoriamente difficile da valutare. Questo lascia ampio spazio all'effetto placebo o all'inconscia parzialità di alcuni medici. Stephen Tsang, un medico della Columbia University, contesta alcune delle prove fotografiche della Advanced Cell, che mostrano la sopravvivenza delle cellule trapiantate. 

Un altro interessante impiego delle staminali?

Riparazione del tessuto bronchiale con cellule staminali mesenchimali (LINK)



Il New England Journal of Medicine, ha pubblicato i risultati del primo caso mai realizzato di riparazione del tessuto bronchiale con cellule staminali, che decreta in modo definitivo il passaggio dal laboratorio alla clinica di queste cellule, studiate ovunque nel mondo per il loro potere di rigenerarsi nei tessuti in cui sono trasferite. La tecnica è stata sviluppata dal dott. Francesco Petrella.


"Abbiamo prelevato le cellule staminali (cellule staminali adulte mesenchimali) dal midollo osseo del paziente, un giovane di 42 anni sottoposto all'asportazione del polmone destro per mesotelioma pleurico - spiega Petrella – Le abbiamo espanse e poi inoculate tramite una metodica mininvasiva, la broncoscopia flessibile, nell'area del bronco dove si era creata una fistola post-chirurgica, una sorta di "ferita aperta" tra il bronco e il cavo pleurico, dovuta alla mancata cicatrizzazione fisiologica che normalmente avviene dopo la chirurgia.

La metodica si è rivelata efficace nello stimolare la cicatrizzazione del bronco, evitando così altri interventi invalidanti. Oggi, a otto mesi dal trapianto di staminali, il paziente sta bene e non ha avuto recidive."

"Per quanto ad oggi conosciamo sulle cellule staminali mesenchimali - continua Petrella - sappiamo che sono in grado di migrare ed attecchire nelle aree di infiammazione e di danno ai tessuti. Una volta impiantate nel sito bersaglio da curare, nel nostro caso la fistola bronchiale, le cellule staminali mesenchimali hanno la capacità di instaurare un contatto con il microambiente cellulare circostante, fenomeno definito in termini tecnici "cross-talk", che consente un processo di riparazione e/o rigenerazione, con graduale ripristino delle funzioni danneggiate." Il professore si dichiara entusiasta di aver dimostrato clinicamente che le staminali adulte possono indurre una riparazione "naturale", contribuendo allo sviluppo delle tecniche del trapianto del bronco e anche della trachea. Il trapianto con staminali infatti non crea rigetto."


Le staminali segnano anche un importante passo verso la guarigione della sclerosi multipla: Sclerosi multipla: trattamento con cellule staminali del sangue (LINK)


Secondo uno studio multicentrico  internazionale, nel trattamento dei casi gravi di sclerosi multipla (SM) l’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche è più efficace rispetto alla terapia farmacologica standard a base di mitoxantrone.

Lo studio di fase II, durato oltre 15 anni, ha coinvolto 21 persone affette da SM secondaria progressiva o recidivante-remittente, la cui disabilità era peggiorata nel corso dell'anno precedente nonostante il trattamento con farmaci di prima linea. Tutti i partecipanti, di età media pari a 36 anni, avevano ricevuto in precedenza, senza risultato, terapie standard per contrastare l’attività di aggressione del sistema immunitario contro la guaina mielinica delle cellule nervose. Nel corso dello studio, 12 dei partecipanti hanno ricevuto il farmaco immunosoppressore mitoxantrone, mentre agli altri nove partecipanti è stata somministrata una potente terapia immunosoppressiva con successiva infusione di cellule staminali del sangue emopoietiche che erano state precedentemente raccolte dagli stessi pazienti. Questa procedura, comunemente denominata autotrapianto di midollo osseo, è utilizzata per il trattamento di grave malattie del sangue e, da alcuni anni, anche nel campo delle malattie autoimmuni. Nel corso del tempo, le cellule staminali migrate nel midollo osseo hanno prodotto nuove cellule immunitarie.

I partecipanti sono stati seguiti per i quattro anni successivi alla randomizzazione, durante i quali l’immunosoppressione intensa seguita dal trattamento con cellule staminali sembra aver ridotto l'attività della malattia in maniera molto più significativa di quanto non abbia fatto il trattamento con mitoxantrone. Coloro che hanno ricevuto il trapianto di cellule staminali hanno infatti presentato l'80% in meno di nuove lesioni cerebrali, chiamate lesioni T2, rispetto a quelli che hanno ricevuto mitoxantrone, con una media di 2,5 nuove lesioni T2 per coloro che sono stati trattati con le cellule staminali rispetto alle otto nuove lesioni T2 per i pazienti che hanno ricevuto il mitoxantrone.


“Il trapianto è stato globalmente ben tollerato, con effetti collaterali prevedibili e risolti senza alcuna conseguenza permanente” ha dichiarato il Dottor Riccardo Saccardi, che ha coordinato il versante ematologico dello studio. 

I pazienti trattati con cellule staminali, inoltre, hanno mostrato un altro beneficio: le lesioni captanti il gadolinio, un altro tipo di lesioni associate alla SM, non si sono più ripresentate, mentre il 56% dei pazienti trattati con mitoxantrone ha avuto almeno una nuova lesione.

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