giovedì 19 marzo 2015

OGM: MIXARE IL DNA

Cosa sono gli OGM (LINK)?


Con l'acronimo OGM (Organismi Geneticamente Modificati) vengono indicati organismi che posseggono una nuova combinazione di materiale genetico ottenuta tramite l'uso di biotecnologie moderne.

L'affermarsi di queste nuove biotecnologie ha aperto nuove prospettive in vari settori (medicina, agricoltura, industria, zootecnia) ma ha anche generato forti perplessità e timori soprattutto quando l'ambito di applicazione riguarda l'alimentazione umana e il rilascio nell'ambiente di OGM.
Da quando sono stati identificati particolari enzimi batterici in grado di tagliare in un punto preciso l'elica del DNA, è divenuto possibile isolare un gene, cioè un tratto di DNA contenente le informazioni necessarie alla produzione di una specifica proteina, estrarlo dall'organismo ospite, e inserirlo in un organismo ricevente, che viene così "trasformato" in quanto può sintetizzare ex-novo la proteina codificata da quel gene.

Per produrre nuove varietà di OGM vegetali, le tecniche più usate sono due:

1) Impiego dell'Agrobacterium tumefaciens

Si tratta di un microrganismo, ampiamente diffuso in natura, che infetta le piante inducendo la formazione di tumori che appaiono simili a piccoli rigonfiamenti. La capacità trasformante dipende da un plasmide, una molecola circolare di DNA che contiene il gene tumorale. I plasmidi sono vettori, cioè navette per il trasporto genico, generalmente ospiti dei batteri. Quello dell'Agrobacterium tumefaciens, in particolare, può essere modificato in modo da eliminare l'attività tumorigena per rimpiazzarla con un altro carattere, veicolato da un nuovo gene (transgene). Se si mette in contatto l'Agrobacterium modificato con frammenti di tessuto fogliare, si favorisce il passaggio del transgene al DNA della pianta ospite: qui il nuovo gene viene espresso e produce la proteina per la quale porta l’informazione.

Struttura di una cellula batterica
2) Uso del gene gun

Con questa tecnica, il gene di interesse viene "sparato" con uno strumento a pressione (da cui il nome di "pistola genica") direttamente nella cellula da modificare dove si integra nel corredo genetico. Per controllare l'avvenuta trasformazione degli esemplari trattati e riuscire a selezionarli rispetto a quelli non trasformati, i ricercatori si sono serviti a lungo di composti "marcatori" come gli antibiotici. Durante ogni esperimento di trasformazione genica, infatti, il numero degli individui modificati è sensibilmente inferiore a quello degli individui che non incorporano il gene. Se però, accanto al transgene in esame viene inserito anche un gene che induce la resistenza a un particolare antibiotico, ecco che, coltivando le cellule (o i tessuti) in presenza di quell'antibiotico le cellule prive della resistenza muoiono mentre sopravvivono solo quelle effettivamente trasformate. Tuttavia, anche a causa dell'allarmante diffusione del fenomeno di "antibiotico-resistenza" presente soprattutto negli ospedali, si tende oggi a sostituire questi marcatori con marcatori colorati o fluorescenti. Per tale motivo, e in linea con le attuali direttive europee, i futuri organismi geneticamente modificati non dovrebbero più contenere, come marcatori di trasformazione, i geni per la resistenza agli antibiotici.

Chiarito cosa sono gli OGM, passiamo ad esaminare qualche loro impiego.

Con un batterio la pianta del cotone combatte gli attacchi dai più comuni parassiti (link)

Pianta del cotone
Sugli OGM la questione è sempre aperta. E così anche sul cotone geneticamente modificato con un batterio, il Bacillus Thuringiensis, noto come “cotone BT”. Alcune ricerche in ambito economico dimostrerebbero che i benefici di queste coltivazioni sul benessere dei Paesi in Via di Sviluppo non sono poi così rilevanti, ma, stando ad un recente articolo pubblicato su PNAS, in India l’utilizzo di questo genere di coltivazione avrebbe permesso un incremento del guadagno del 50%. Secondo un’indagine di studiosi che ha preso in esame dati raccolti tra il 2002 e il 2008 in 553 famiglie dei quattro principali stati indiani, l’uso di cotone transgenico BT ha permesso una resa in cotone del 24% in più, proprio grazie alla riduzione di attacchi da parte dei più comuni parassiti. Le piantagioni indiane sono state modificate geneticamente con il Dna del bacillo così da stimolare le piante a produrre da sole quelle sostanze insetticide di cui avevano bisogno per proteggersi. I miglioramenti che si sono ottenuti con l’adozione del cotone BT hanno anche permesso un aumento della spesa da parte delle famiglie dei piccoli agricoltori, circa il 18% in soli due anni. Quindi, stando all’articolo, possiamo concludere che l’impatto di questa tecnologia sul benessere della popolazione indiana è significativo.

Ma come capire l’impatto degli OGM su altre varietà autoctone?

L’articolo: “L’impatto ecologico degli OGM svelato dalle api” ci aiuta a capirlo (LINK)

Fiore di fagiolino
I fagiolini (Vigna unguiculata) sono uno dei più diffusi alimenti delle regioni tropicali semi-aride, soprattutto africane. Per proteggere le coltivazioni dagli insetti, nell’Africa occidentale, è in progetto l’introduzione di varietà geneticamente modificate, sotto il controllo dell’African Agricultural Technology Foundation (AATF). È necessario però valutare il rischio che i geni modificati possano trasmettersi anche alle specie native, principalmente attraverso l’impollinazione.
Per questa ragione dei ricercatori dell'International Centre of Insect Physiology and Ecology, Nairobi, Kenya, hanno studiato il comportamento delle api che normalmente impollinano i fagiolini, per vedere a che distanza dalle coltivazioni si spostino in cerca di nettare. La ricerca è stata pubblicata dall'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti. Servendosi di minuscole radio trasmittenti, gli scienziati hanno seguito, per ben tre anni, 134 voli di api, che hanno coperto distanze tra i 50 metri e i 6 chilometri. In questo modo hanno potuto calcolare un potenziale raggio di contaminazione genetica di 10 chilometri.
Le api sono attratte maggiormente dalla grande quantità di fiori che contraddistingue una piantagione di fagiolini OGM, mentre nei territori dove vive la variante nativa la fioritura è meno intensa. Inoltre, se i territori sono ben delimitati, le api volano prevalentemente sull’uno o sull’altro, senza passare dall’uno all’altro. Nonostante questo i ricercatori non pensano che sia possibile isolare completamente una coltivazione di fagiolini OGM, e in definitiva hanno concluso che una contaminazione transgenica tra la specie OGM e la variante nativa sarebbe inevitabile. È quindi fondamentale che la variante OGM non contenga geni potenzialmente dannosi per la specie primitiva. La ricerca ha comunque mostrato che le api possono essere un mezzo molto potente e affidabile per studiare l’impatto ecologico degli organismi geneticametne modificati.

E nel nostro paese, cosa pensano i decisori politici degli OGM? (LINK)

Un’apertura agli OGM, quella dell'ex- ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che ha fatto discutere.
Ex-Ministro Corrado Clini
Sul piano politico, ma anche su quello tecnico e scientifico. Il 14 marzo 2012 il Corriere della sera ha pubblicato un’intervista (link) nella quale il ministro auspicava un’inversione di tendenza nei confronti degli OGM: su questo tema, secondo Clini, l’Italia è troppo diffidente. Al di là del dibattito politico e istituzionale, comunque, l’intervista di Clini ha presentato diversi riferimenti scientifici non sempre precisi. La sua apertura agli OGM, quindi, è supportata da argomentazioni tecniche corrette? Ne abbiamo parlato con Riccardo Bocci, agronomo e coordinatore della Rete Semi Rurali, e Piero Morandini, ricercatore in Fisiologia vegetale dell’Università di Milano e docente di Biotecnologie Industriali vegetali.

Un primo passaggio critico dell’intervista di Clini è il seguente:

«Senza l’ingegneria genetica oggi non avremmo alcuni fra i nostri prodotti più tipici. Il grano duro, il riso Carnaroli, il pomodoro San Marzano, il basilico ligure, la vite Nero D’Avola, la cipolla rossa di Tropea, il broccolo romanesco: sono stati ottenuti grazie agli incroci e con la mutagenesi sui semi».

Per Bocci “qui Clini ha preso un abbaglio. Non si tratta di ingegneria genetica in senso stretto, perché questi prodotti non sono stati ottenuti inserendo un gene nel DNA di una pianta in laboratorio. Incroci e mutagenesi (ovvero indurre cambiamenti nel genoma di una pianta esponendola a radiazioni per poi operare in un secondo momento una selezione sul fenotipo dei prodotti ottenuti) dei semi, afferma Bocci, non sono tecniche di ingegneria genetica tout-court”. Anche per Morandini “non si tratta di ingegneria genetica in senso stretto”...

L’intervista di Clini prosegue elencando una serie di benefici che gli OGM potrebbero portare non solo in campo alimentare, ma anche energetico:

«Un’altra area molto interessante per l’applicazione degli Ogm non competitivi con le produzioni agricole sono le coltivazioni di specie con alto potere energetico: biocarburanti di seconda generazione e la filiera chimica verde. Per non parlare delle applicazioni nei Paesi esteri […]: si possono applicare semi di Ogm per frutti o prodotti alimentari additivati con vitamine o con vaccini».

Su questo passaggio Bocci e Morandini propongono una lettura molto diversa. Per Bocci, sono dieci anni che si parla di questi presunti benefici, ma per esempio in campo agricolo non si è ottenuto molto. Creare piante con specifiche caratteristiche non dipende da un solo gene. Non abbiamo – prosegue Bocci – ancora un controllo così fine del genoma... Morandini invece afferma che “di fatto le piante transgeniche hanno avuto grosse applicazioni e hanno dato sino ad ora grandi benefici dal punto di vista agronomico e ambientale”. Il biotecnologo concorda con Clini e ricorda che ci possono essere applicazioni agricole (“gli OGM diminuiscono l’uso di pesticidi”), mediche (“possono aiutare a elaborare farmaci e vaccini”) e anche energetiche. Per Morandini il problema non è scientifico, ma risiede piuttosto in una legislazione, quella italiana, “ingiustamente restrittiva, costosa e dannosa...

L’intervista di Clini si chiude con un riferimento a una particolare applicazione degli OGM:

«Ma possiamo parlare anche degli Ogm che verranno usati adesso in Giappone. […]
 Gli Ogm salveranno l’agricoltura della tragedia post tsunami. Ricercatori giapponesi e inglesi stanno lavorando a una pianta di riso in grado di resistere al sale e dunque che può essere coltivata nelle aree colpite dall’acqua dello tsunami dello scorso anno».

Su questo passaggio, Morandini e Bocci sostanzialmente concordano. Esistono molte nuove varietà in sviluppo, sia transgeniche che convenzionali, che cercano di rispondere al problema della salinità dei suoli, ma non è facile che varietà transgeniche riescano ad andare in coltivazione a breve per poter essere un aiuto efficace nelle zone colpite dallo tsunami”. 

4 commenti:

  1. Cara Francesca,
    innanzitutto grazie per aver INAUGURATO il blog! Il tuo post è davvero un ottimo inizio. Ti invito a specificare i link e, se possibile, a chiarire per quali motivi i due studiosi, Bocci e Morandini, ritengono che i riferimenti scientifici del Ministro Clini non siano precisi o del tutto corretti.

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  2. Cara Professoressa,
    ho aggiunto i link mancanti, con i motivi per i quali i due studiosi Bocci e Morandini ritengono che i riferimenti scientifici del Ministro Clini non sono precisi o completamente corretti. Con anche qualche altra curiosità. Spero di aver risposto correttamente alla vostra domanda.. :)

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  3. Grazie Francesca, adesso è tutto molto chiaro. Brava! Il format però è meglio mantenerlo su 4 risorse.

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