martedì 31 marzo 2015

Le biotecnologie e l’ingegneria genetica

Le biotecnologie... Molti prodotti alimentari, come il pane, il vino e lo yogurt, da migliaia di anni presenti sulle nostre tavole, sono “vivi”, perché nella loro preparazione intervengono microrganismi, ossia microscopici organismi viventi, attraverso reazioni chimiche controllate da specifici enzimi. Lo yogurt è latte fermentato, reso acido da microrganismi  che trasformano il lattosio, zucchero del latte, in acido lattico; nel vino, invece, lo zucchero dell’uva viene trasformato in alcol; il pane, infine, lievita grazie alla produzione di anidride carbonica da parte di particolari microrganismi, i lieviti. Il ruolo dei microrganismi (e degli enzimi da essi prodotti) nella produzione di questi alimenti fu individuato da Louis Pasteur nel 1876 e, da allora, l’utilizzo (consapevole) dei microrganismi ha consentito lo sviluppo di tecnologie in grado di realizzare prodotti utili per uomo: le biotecnologie.

Le biotecnologie sono dunque quelle tecnologie che utilizzano microrganismi (o cellule animali e vegetali o, ancora, gli enzimi da essi prodotti) per la realizzazione di prodotti utili per l'uomo!

Ingegneria genetica

 Il grande “salto” in avanti delle biotecnologie si realizzò solo dopo che Watson e Crick (1953) elaborarono il loro modello della struttura del DNA, identificando in questa molecola la sede delle informazioni genetiche per la produzione di qualunque proteina. La scoperta dei meccanismi che regolano la sintesi proteica ha consentito, dagli anni ’70, lo sviluppo di una tecnologia in grado di far produrre da un organismo microscopico (riproducibile in gran quantità e a un costo relativamente limitato) una proteina di un altro organismo, impossibile da ottenere in altro modo o, comunque, ottenibile (per estrazione o per sintesi industriale) in quantità limitate o solo a costi molto elevati.


Questa tecnologia, detta tecnologia del DNA ricombinante o ingegneria genetica, impiega il DNA  ricombinante, ossia una molecola di DNA ibrida, ottenuta inserendo il gene della proteina desiderata in una molecola di DNA - vettore che si introduce e si replica nelle cellule dell’organismo da cui si vuol far produrre la proteina (cellule ospiti). In pratica, da una cellula di un organismo “donatore” si estrae il gene richiesto (o, meglio, frammenti del DNA tra i quali è compreso anche quello richiesto), lo si lega a un vettore (una molecola particolare di DNA capace di penetrare in una cellula ospite) formando così un DNA ibrido, detto DNA ricombinante, che si inserisce in una cellula “ospite”, appartenente a un altro organismo. La cellula ospite, ricevuto il DNA ricombinante, acquisisce la capacità di produrre la proteina codificata da quel gene, cioè si trasforma, diventa una cellula ricombinante. La trasformazione comporta per la cellula l’acquisizione di una nuova proprietà: la capacità di produrre quella proteina. Essendo stabilmente integrato nel DNA della cellula ospite, il gene si riproduce insieme alla cellula, per cui le cellule figlie manterranno tutte la capacità di produrre la nuova proteina. Stimolando la riproduzione delle cellule ospiti (clonazione), in poco tempo si otterrà una popolazione di milioni di cellule, tutte in grado di produrre la proteina desiderata.

Le cellule che vengono utilizzate come “ospiti” del DNA ricombinante devono essere: 1) in grado di ospitare il DNA ricombinante (che va costruito utilizzando un vettore adeguato alla cellula in cui deve inserirsi); 2) facili da coltivare (si devono riprodurre rapidamente); 3) innocue (sia per il personale di laboratorio che le manipola che per il destinatario della proteina prodotta: non possono essere usate cellule di microbi patogeni, che potrebbero infettare i laboratoristi o contaminare la sostanza proteica da produrre con sostanze tossiche prodotte dal batterio stesso).

http://online.scuola.zanichelli.it/barbonescienzeintegrate/files/2010/04/V17_01.pdf

Que­sta tec­no­lo­gia per­met­te in­ter­ven­ti mi­ra­ti, che mo­di­fi­ca­no in modo spe­ci­fi­co solo i geni dei ca­rat­te­ri su cui si vuo­le agi­re. Inol­tre, le me­to­do­lo­gie odier­ne con­sen­to­no di tra­sfe­ri­re DNA non so­lo tra in­di­vi­dui del­la stes­sa specie, ma an­che tra specie diverse, spesso mol­to dif­fe­ren­ti l’u­na dal­l’al­tra. Si pos­so­no, per esem­pio, tra­sfe­ri­re ge­ni da un bat­te­rio a una pian­ta o in­tro­dur­re in un bat­te­rio un ge­ne pro­ve­nien­te da una cel­lu­la eu­ca­rio­ti­ca.

Gli sco­pi di que­sta ope­ra­zio­ne pos­so­no es­se­re di­ver­si: de­ter­mi­na­re un mi­glio­ra­men­to ge­ne­ti­co nel­l’in­di­vi­duo ri­ce­ven­te (per esem­pio, una mag­gio­re re­si­sten­za agli at­tac­chi dei pa­ras­si­ti), op­pu­re uti­liz­za­re l’or­ga­ni­smo ri­ce­ven­te per clo­na­re il ge­ne in­tro­dot­to e ser­vir­si del­la cel­lu­la ospi­te co­me una «fab­bri­ca» per la pro­du­zio­ne di mo­le­co­le uti­li.

Il pri­mo pas­sag­gio con­si­ste sem­pre nel ta­glia­re il DNA. Per ta­glia­re e ri­cu­ci­re i ge­ni so­no ne­ces­sa­ri en­zi­mi spe­ci­fi­ci (en­zi­mi di re­stri­zio­ne e li­ga­si). La lo­ro sco­per­ta è sta­ta la chia­ve che ha aper­to la por­ta al­lo svi­lup­po di tut­te le tec­ni­che di ma­ni­po­la­zio­ne del DNA.

http://ebook.scuola.zanichelli.it/sadavabiologiablu-plus/le-basi-molecolari-della-vita-e-dell-evoluzione-plus/le-biotecnologie/la-tecnica-del-dna-ricombinante-e-alla-base-delle-moderne-biotecnologie-plus#

2 commenti:

  1. Bene Davide! Dovresti inserire le fonti di queste due belle risorse (link o libri) e, per completare, citare un paio di studi che illustrano applicazioni biotecnologiche nuove, basate sul DNA ricombinante.
    Buon lavoro!

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